Un nuovo colpo di mano legislativo sui diritti
dei lavoratori, debolmente contrastato dall’opposizione, è in corso di
attuazione in Parlamento nell’interesse della Confindustria. Il disegno di
legge 1441 quater si colloca in una linea di tendenza diretta alla compressione
dei poteri del giudice e alla deregulation di quelli dell’imprenditore. La
stessa che ha prodotto il lodo Alfano, il decreto Alitalia, la modifica della
normativa sui contratti a termine. Una linea che appare alquanto fuori moda dopo
il crollo delle Borse e gli interventi statali nei confronti dei protagonisti
della vicenda. Ma non è la prima volta che il nostro Paese arriva in ritardo
agli appuntamenti con la storia.
Nel dibattito in corso sulla crisi economica, a parole si riconosce la necessità
di potenziare la domanda con l’aumento della retribuzione del lavoro
dipendente. Nei fatti il legislatore si appresta a demolire elementari garanzie
che hanno, tra l’altro, lo scopo di contrastare la naturale tendenza del
privato imprenditore al conseguimento della produttività mediante la riduzione
del costo del lavoro, anziché con gli investimenti e le innovazioni
tecnologiche.
In sostanza con il 1441 quater si vuole consentire la possibilità di derogare a
norme imperative, che tutelano il lavoro, mediante accordi “certificati” da
appositi organismi. Nella pratica, per essere assunto il lavoratore dovrà
sottoscrivere contratti, predisposti dall’impresa, diretti a disciplinare
normativamente il rapporto di lavoro nei suoi aspetti più importanti, quali il
potere di licenziare e le conseguenze del licenziamento illegittimo. Il ruolo
dei sindacati sarebbe sostanzialmente annullato. Il giudice a sua volta dovrebbe
fare riferimento, nelle sue decisioni, alla normativa aziendale. Lo Stato
dovrebbe lasciare il campo a una congerie di repubbliche autonome, in una
materia che, per la nostra Costituzione e per i trattati europei, fa parte
dell’ordine pubblico interno e comunitario. In materia, il Parlamento sembra
averlo dimenticato, la Corte Costituzionale si è già pronunciata affermando
che “non è consentito al legislatore di autorizzare le parti ad escludere
direttamente o indirettamente, con la loro dichiarazione contrattuale,
l’applicazione della disciplina inderogabile prevista a tutela dei
lavoratori” e che “i principi, le garanzie e i diritti stabiliti dalla
Costituzione in questa materia sono e debbono essere sottratti alla disponibilità
delle parti” (sentenze n. 115/94 e 121/93, richiamate recentemente da Cass.
Sez. Lav. n. 21591/08).
La protezione del lavoratore dai licenziamenti arbitrari ha radice nell’art.
41, secondo comma, della Costituzione che pone limiti all’iniziativa economica
privata, a tutela della sicurezza, della libertà e della dignità umana.
Altre norme della Costituzione che il disegno di legge n. 1441 quater sembra
ignorare sono quelle che tutelano l’indipendenza del giudice: articoli 101,
104 e art. 117, con riferimento all’art.6 della Convenzione Europea dei
Diritti dell’Uomo. Deve pertanto ritenersi che le nuove norme non potranno
essere interpretate dai giudici nel senso voluto dal Governo. Se lo dovessero
essere, sarebbe inevitabile la richiesta di intervento della Corte
Costituzionale, che Le annullerebbe.
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