Cosa succede nel
Caucaso? Forse lo sapremo con un grande ritardo o non lo sapremo mai. La
guerra è stata sfruttata dalla propaganda. Le vittime del conflitto sono
state beffate due volte. Lo nota bene Roberto Reale nel suo editoriale. Ma la
grande sconfitta di questa storia è l’informazione che si è persa tra le
bufale georgiane e l’agitprop del Cremlino. L’opinione pubblica è stata
disorientata dalle provocazioni, dai servizi superficiali che contenevano
errori, approssimazioni.
Il tentativo di raccontare il conflitto c’e’ stato. Quattro
giornalisti hanno perso la vita in questi 5 giorni di fuoco. Un cameraman
olandese della rete televisiva RTL-4, ucciso durante il bombardamento russo di
Gori nella notte tra il 10 e l’11 agosto. Un giornalista georgiano ancora
senza nome, ucciso forse dalla scheggia di una bomba, sempre a Gori. Altri due
giornalisti georgiani, Grigol Chikhladze di Alania TV e Alexander Klimchuk,
corrispondente dell’Itar-Tass, sono stati uccisi il 9 agosto nell’Ossezia
del Sud mentre cercavano di superare un posto di blocco osseto. E’ l’alto
prezzo pagato dal mondo dell’informazione in questa breve guerra caucasica.
Ai quattro morti si devono aggiungere diversi feriti e alcuni giornalisti
arrestati, come i tre corrispondenti turchi fermati e interrogati per diverse
ore dall’esercito russo.
Vi raccontiamo alcuni dettagli filtrati dai mass-media russe e georgiane,
rimaste fuori dal grande circo propagandistico.
Chi ha bombardato per primo l’Ossezia del sud? La televisione georgiana in
diretta ha commentato passo per passo la conquista di Tshinvali . Qualche
giorno dopo il fatto veniva addirittura attribuito alle forze di Mosca.
Tbilisi si è mossa “alla carlona”. La bufala più grande è stato
l’annuncio della quasi presa della capitale georgiana dai tank russi. In
serata, tutte le ambasciate convocano i giornalisti per diffondere la notizia.
Peccato che in mattinata, la colonna dei carri armati che sia avvicinava alla
capitale fosse georgiana e non russa.
I russi bombardano 24 ore su 24 con le immagini (sempre le stesse) che
raccontano il genocidio perpetrato da Tbilisi in Ossezia del Sud. Molto meno
è stato fatto per l’Olocausto. Nel tg centrale del I canale televisivo di
Mosca ORT il presidente georgiano Mikhail Sakashvili viene descritto come un
malato psichico con tanto di perizie “indipendenti”. Viene paragonato a
Hitler. L’operazione militare delle truppe di Mosca vengono definite come
“l’operazione della costrizione alla pace”. Dai mass- media russi
le vittime ed i profughi georgiani non sono mai stati menzionati. L’unica
fonte di immagini e testimonianze televisive provenivano dalle troupe russe
ben organizzate con un’ottima conoscenza del territorio.
Ma propaganda a parte, alcuni fatti sono passati inosservati e
meriterebbero un’attenzione particolare dell’opinione pubblica
internazionale.
I mass-media russi ( stazioni televisive RTR, ORT, sito www. lenta.ru)
hanno pubblicato la notizia sul ritrovamento a Tshinvali dei corpi di
alcuni uomini africani che indossavano l’uniforme dell’esercito
georgiano. I loro cadaveri si vedono nelle immagini date ai
circuiti internazionali. Tra le rovine della città accanto ai soldati di
Tbilisi sono stati trovati le istruzioni in inglese, badge con la bandiera a
strisce e stelle. Fatti citati dall’ambsciatore russo presso l’ ONU
Ciurkin che accusava gli Stati Uniti di ingerenza in questo
conflitto. Secondo Mosca, tra i militari richiamati dal contingente georgiano
dall’Iraq ci sarebbero gli istruttori americani che avrebbero partecipato
alla guerra.
Poco spazio in Occidente ha avuto un’altra notizia sull’utilizzo dei
reparti speciali russi utilizzati in Cecenia. Reparti della morte,
responsabili di “pulizie” nella piccola repubblica autonoma del Caucaso.
Nella guerra della propaganda, della censura di Internet “leggere tra
le righe” è l’unica cosa che rimane all’opinione pubblica disorientata
che forse un giorno capirà la gravità della guerra lampo che ha
distrutto per sempre i fragilissimi equilibri del Caucaso, episodio da “baia
dei porci”, quando si era sfiorata la terza guerra mondiale.
*con la collaborazione di Francesco Defferrari