Domani, in coincidenza con la cerimonia di
inaugurazione a Pechino dei giochi olimpici, si leverà alto da Assisi un
messaggio a sostegno della linea nonviolenta adottata dal Dalai Lama per il
riconoscimento dell’autonomia del Tibet e per l’affermazione dei diritti
umani in Cina. Non si tratta di un’iniziativa di protesta ma, al contrario,
di proposta concreta, concepita all’interno del satyagraha («forza
della verità») mondiale per la pace, lanciato dall’inizio dell’anno da
Marco Pannella e volto a costruire un’alternativa strutturale alla minaccia
di un tremendo conflitto che, divampando dal Medio Oriente, si estenda
rapidamente al mondo intero.
La scelta della città umbra per questo duplice appuntamento (alle 11 un seminario nella Sala della Conciliazione del Comune e alle 12,30 musiche ed interventi nella piazza centrale, antistante alla sede municipale) non è affatto casuale sia per il ruolo di capitale del dialogo tra i popoli che unanimemente le viene riconosciuto, sia perché punto d’arrivo, e quindi luogo culminante (nell’accezione più ampia del termine), nel 1961, della prima marcia ideata dal filosofo Aldo Capitini, propugnatore della nonviolenza come base imprescindibile per la creazione di una società aperta, di cui ad ottobre ricorre il quarantesimo anniversario della scomparsa.
Proprio perché fermamente convinti che ogni avvenimento sportivo non sia disancorato dalla società e, quindi, dalla politica, abbiamo ritenuto che queste olimpiadi non dovessero essere boicottate ma tramutate in importante occasione per esercitare sul governo cinese doverose pressioni affinché si attui davvero un improcrastinabile cambiamento di rotta per quanto concerne il rispetto dei diritti umani (a cominciare dai cattolici della chiesa del silenzio, dai falun gong alla stessa popolazione han) e dell’autodeterminazione dei popoli (primi fra tutti tibetani, uiguri e mongoli) indebitamente assoggettati da Pechino.
Tibet e Xinjiang (Turkestan orientale) non costituiscono questioni a sé ma sono componenti di un unico problema avvertito con urgenza, come dimostrano anche recenti avvenimenti verificatisi in seguito alla catastrofe sismica nella regione del Sichuan, dalla stragrande maggioranza dei cinesi. Si tratta, in altri termini, di garantire diritto e diritti. In un mondo globalizzato, sempre più caratterizzato dall’interdipendenza di stati e culture, nessuno può dichiararsi estraneo a quanto accade in ambiti solo geograficamente distanti dal nostro. Non ci si può non sentirsi coinvolti dal dramma di chi è costretto a patire vessazioni, incarcerazioni, torture, a pagare pesantissimi tributi e talvolta la perdita della vita.
I problemi che attanagliano la Cina non possono non investirci e interpellarci dal momento che ci riguardano molto più di quanto si possa superficialmente supporre.
Al governo di Pechino che, come sappiamo, risponde alle legittime richieste delle minoranze e dei dissidenti accentuando la morsa repressiva e censoria ed incentivando ulteriormente nei territori occupati il proprio programma di colonizzazione forzata, è giusto e doveroso contrapporre adeguati strumenti di lotta unicamente imperniati sulla nonviolenza attiva.
Con il Comune di Assisi e la sede regionale umbra dell’Associazione Nazionale dei Comuni d’Italia, abbiamo pensato ad un otto agosto di festa, impegno, riflessione.
Ci saranno i monaci con le loro musiche e le loro caratteristiche danze tradizionali. Sventoleranno tante bandiere del Tibet libero con le loro strisce blu e rosse, i raggi dorati che si diramano in ogni direzione, i leoni delle nevi, la ricca simbologia buddhista. Noi, da laici, ripeteremo ancora una volta con profonda convinzione, che la libertà religiosa è uno dei diritti fondamentali della persona ed un utile “cartina di tornasole” per cogliere l’evoluzione dei regimi e le speranze di apertura.
presidente di Radicali Italiani
La scelta della città umbra per questo duplice appuntamento (alle 11 un seminario nella Sala della Conciliazione del Comune e alle 12,30 musiche ed interventi nella piazza centrale, antistante alla sede municipale) non è affatto casuale sia per il ruolo di capitale del dialogo tra i popoli che unanimemente le viene riconosciuto, sia perché punto d’arrivo, e quindi luogo culminante (nell’accezione più ampia del termine), nel 1961, della prima marcia ideata dal filosofo Aldo Capitini, propugnatore della nonviolenza come base imprescindibile per la creazione di una società aperta, di cui ad ottobre ricorre il quarantesimo anniversario della scomparsa.
Proprio perché fermamente convinti che ogni avvenimento sportivo non sia disancorato dalla società e, quindi, dalla politica, abbiamo ritenuto che queste olimpiadi non dovessero essere boicottate ma tramutate in importante occasione per esercitare sul governo cinese doverose pressioni affinché si attui davvero un improcrastinabile cambiamento di rotta per quanto concerne il rispetto dei diritti umani (a cominciare dai cattolici della chiesa del silenzio, dai falun gong alla stessa popolazione han) e dell’autodeterminazione dei popoli (primi fra tutti tibetani, uiguri e mongoli) indebitamente assoggettati da Pechino.
Tibet e Xinjiang (Turkestan orientale) non costituiscono questioni a sé ma sono componenti di un unico problema avvertito con urgenza, come dimostrano anche recenti avvenimenti verificatisi in seguito alla catastrofe sismica nella regione del Sichuan, dalla stragrande maggioranza dei cinesi. Si tratta, in altri termini, di garantire diritto e diritti. In un mondo globalizzato, sempre più caratterizzato dall’interdipendenza di stati e culture, nessuno può dichiararsi estraneo a quanto accade in ambiti solo geograficamente distanti dal nostro. Non ci si può non sentirsi coinvolti dal dramma di chi è costretto a patire vessazioni, incarcerazioni, torture, a pagare pesantissimi tributi e talvolta la perdita della vita.
I problemi che attanagliano la Cina non possono non investirci e interpellarci dal momento che ci riguardano molto più di quanto si possa superficialmente supporre.
Al governo di Pechino che, come sappiamo, risponde alle legittime richieste delle minoranze e dei dissidenti accentuando la morsa repressiva e censoria ed incentivando ulteriormente nei territori occupati il proprio programma di colonizzazione forzata, è giusto e doveroso contrapporre adeguati strumenti di lotta unicamente imperniati sulla nonviolenza attiva.
Con il Comune di Assisi e la sede regionale umbra dell’Associazione Nazionale dei Comuni d’Italia, abbiamo pensato ad un otto agosto di festa, impegno, riflessione.
Ci saranno i monaci con le loro musiche e le loro caratteristiche danze tradizionali. Sventoleranno tante bandiere del Tibet libero con le loro strisce blu e rosse, i raggi dorati che si diramano in ogni direzione, i leoni delle nevi, la ricca simbologia buddhista. Noi, da laici, ripeteremo ancora una volta con profonda convinzione, che la libertà religiosa è uno dei diritti fondamentali della persona ed un utile “cartina di tornasole” per cogliere l’evoluzione dei regimi e le speranze di apertura.
presidente di Radicali Italiani
Bruno Mellano