Salvatore Silvano Nigro con "Il Principe fulvo" (Sellerio) nella sezione Narrativa, e Gilberto Isella con "Mappe in controluce" (Book Editore) per la Poesia, sono i vincitori del Premio "Giuseppe Dessì" 2012. I loro nomi vanno ad affiancarsi a quello di Giulio Rapetti Mogol al quale - come già noto – è andato il Premio speciale della Giuria di questa ventisettesima edizione del concorso letterario intitolato al grande scrittore sardo (nato a Cagliari nel 1909 e scomparso a Roma nel 1977).
Affidata alla conduzione della giornalista Paola Saluzzi, la cerimonia di proclamazione e premiazione dei vincitori si è tenuta stasera (domenica 23 settembre) a Villacidro (Medio Campidano), a chiusura di una settimana dedicata all’autore di "Paese d’Ombre", che ha ospitato incontri letterari, spettacoli, proiezioni e mostre.
Insieme al prestigioso riconoscimento, i vincitori si portano a casa cinquemila euro, mentre gli altri finalisti – Edoardo Albinati con "Vita e morte di un ingegnere" (edito da Mondadori) e Sandro Bonvissuto con "Dentro" (Einaudi) nella Narrativa; Alessandro Ceni con "Parlare chiuso: tutte le poesie" (Puntoacapo Editrice) e Fabrizio Bajec con "Entrare nel vuoto" (Con-Fine Editore) nella Poesia – si aggiudicano millecinquecento euro ciascuno.
A Salvatore Silvano Nigro, catanese, critico letterario e storico della letteratura, saggista e filologo, professore universitario di fama internazionale, la giuria ha tributato il premio della sezione Narrativa per la "qualità stilistica e immaginativa della sua scrittura", come si legge nelle motivazioni, arte eminentemente romanzesca "che, a partire almeno da un libro sorprendente come L’orologio di Pontormo (1998) ha assunto un passo sempre più narrativo. Ulteriore e bellissima conferma di questa sua vocazione è Il Principe fulvo", un saggio che è come un racconto sulla vita e le opere di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, l'autore del Gattopardo di cui Nigro, "con quel suo specialissimo modo di inventare il vero", e "forte d’una conoscenza di primissima mano di tutta l’opera (...) ci restituisce ora il racconto avvincente d’una vicenda umana (...) e letteraria assolutamente eccezionale, che abbisognava, in effetti, d’una strumentazione e una sensibilità altrettanto eccezionali".
Nato a Lugano il 25 giugno 1943, Gilberto Isella, "il cui esordio molto sperimentale e audace, risale ai tardissimi anni Ottanta con la raccolta 'Vigilie incustodite' (1989), si è ormai da tempo distinto come una delle voci più interessanti della poesia in lingua italiana"; il suo "Mappe in controluce", sottolineano le motivazioni, si è fatto preferire dai giurati, nella sezione Poesia, per la "tensione del poeta che si fa interprete del suo tempo in un cortocircuito vertiginoso con la Storia, per lo spessore dell’escursione storico-letteraria messa in gioco nelle varie sezioni, per il raffinato controllo del verso".
Assegnando il Premio Speciale a Mogol, al secolo Giulio Rapetti (a cui dal 2006, aggiunge – autorizzato dal Ministero dell’Interno - come secondo cognome l’originario pseudonimo), classe 1936, il più amato paroliere della musica italiana, autore dei testi di indimenticabili canzoni come quelle nate dal suo storico sodalizio artistico con Lucio Battisti, "è parso giusto e doveroso alla Giuria del Premio Dessì segnalare chi per la musica, sua e degli altri, tanto ha fatto, con la capacità, l’impegno, la serietà del grande professionista". Perché "In un paese come l’Italia, dove, diversamente dalla Francia, è sempre stata sporadica (praticamente inesistente) la collaborazione dei poeti con la musica popolare, Mogol è intervenuto a colmare un vuoto con la sua fondamentale e inconfondibile opera di modernizzazione, costruendo con squisita abilità retorica (...), a partire spesso da micro-storie personali che danno al tutto il segno inconfondibile della verità, dei tessuti discorsivi capaci di parlare pacatamente di un mondo giovane e nuovo, fatto di incertezze e nevrosi, paura della perdita e ricerca con l’altro della felicità. E’ riuscito insomma con rara maestria a realizzare la difficile coesistenza di livello artistico e popolarità, cultura e possibilità di comunicazione".
Con la scelta dei vincitori si conclude, dunque, il lungo lavoro svolto dalla giuria p resieduta da Anna Dolfi (eminente italianista dell'Università di Firenze e tra le massime studiose dell'opera di Dessì) e composta da Mario Baudino, Massimo Onofri, Stefano Salis, Giancarlo Pontiggia, Duilio Caocci, Evanghelia Stead, Giuseppe Langella oltre che dal presidente della Fondazione Dessì, Giuseppe Marras sulle 428 opere pervenute (275 per la narrativa, 153 per la poesia) dai principali editori italiani (Mondadori, Einaudi, Sellerio, Rizzoli, Feltrinelli, Nottetempo, Minimum Fax, Marcos y Marcos, Garzanti, Sellerio, solo per citarne alcuni).
Salvatore Silvano Nigro, Gilberto Isella e Mogol vanno ad aggiungere il loro nome alla lunga e prestigiosa lista dei vincitori delle passate edizioni: un albo d'oro che annovera scrittori come Sandro Petroni, Nico Orengo, Laura Pariani, Diego Marani, Sandro Onofri, Salvatore Mannuzzu, Marcello Fois, Giulio Angioni, Michela Murgia, Niccolò Ammaniti tra i vincitori nella Narrativa; Elio Pecora, Maria Luisa Spaziani, Giancarlo Pontiggia, Fabio Pusterla e la grandissima Alda Merini tra i trionfatori alla voce Poesia. Tra i passati vincitori del Premio Speciale della giuria troviamo invece figure di grandi protagonisti della cultura italiana del calibro di Luigi Pintor, Sergio Zavoli, Alberto Bevilacqua, Francesco Cossiga, Arnoldo Foà, Marco Pannella, Piero Angela e Ascanio Celestini.
La ventisettesima edizione del Premio Dessì è stata organizzata dalla Fondazione Giuseppe Dessì con il patrocinio della Regione Autonoma della Sardegna (Assessorato della Pubblica Istruzione), del Ministero per i Beni e le Attività culturali, della Fondazione Banco di Sardegna, dell’Amministrazione Provinciale del Medio Campidano, del Comune di Villacidro, del Consorzio Industriale Provinciale Medio Campidano – Villacidro e e della Cantina Mesa di Sant'Anna Arresi.
Chiunque riguardasse dal promontorio dell’oggi l’importante carriera di Salvatore Silvano Nigro, critico letterario e storico della letteratura, saggista e filologo, professore universitario di fama internazionale, non rimarrebbe sorpreso solo dalla smisurata apertura di compasso dello studioso e filologo - da Masuccio Salernitano a Torquato Accetto, da Manzoni a Giorgio Manganelli e Mario Soldati, ma anche dalla qualità stilistica e immaginativa della sua scrittura che, a partire almeno da un libro sorprendente come L’orologio di Pontormo (1998) ha assunto un passo sempre più narrativo: un saggismo che affonda nella tradizione più elegante e più inventiva (quello di Longhi, Praz, Macchia, Garboli) della nostra prosa e che si accende di febbre intellettuale soprattutto in presenza delle patologie e delle infezioni della vita. Ulteriore e bellissima conferma di questa sua vocazione è Il Principe fulvo. Si poteva sperare di dire qualcosa di più e di nuovo d’un libro così tanto studiato e tra i più amati del Novecento italiano?
Che si poteva - eccome se si poteva -, Nigro l’ha dimostrato con quel suo specialissimo modo di inventare il vero e ciò che già c’è, ma che prima di lui, però, nessuno aveva visto. E ci ha fatto capire che il celebrato anti-Risorgimento del romanzo è soltanto nel mastice isolante dentro cui brucia il fuoco bianco di un romanzo «fantastico e allegorico», gremito di simboli. Forte d’una conoscenza di primissima mano di tutta l’opera di Tomasi di Lampedusa, Nigro ci restituisce ora il racconto avvincente d’una vicenda umana (si pensi solo al tutt’altro che lineare rapporto dello scrittore col fascismo e Mussolini) e letteraria assolutamente eccezionale, che abbisognava, in effetti, d’una strumentazione e una sensibilità altrettanto eccezionali. Dickens e Il Circolo Pickwick. Il rapporto tra un romanzo disperso di Tomasi, e del suo noto racconto La Sirena col suo capolavoro postumo. I segreti, in ordine allo statuario don Fabrizio del romanzo, dell’Ercole Farnese della Favorita di Palermo o degli affreschi della Sala d’Ercole nel Palazzo dei Normanni. E persino un film mancato di Soldati sul Gattopardo. Scrive Nigro: «Conviene, qualche volta, mettersi alle spalle di uno scrittore». E proprio in questa capacità di mettersi alle spalle - per spiare inosservati ogni decenza, ogni indecenza - sta, di sicuro, uno dei segreti della grand’arte di Nigro. E per quest’arte eminentemente romanzesca gli viene assegnato quest’anno il Premio Dessì per la narrativa.
Vincitore Sezione Poesia:
Gilberto Isella con "Mappe in controluce" (Book Editore)
La giuria assegna il premio per la poesia dell’anno 2012 alle Mappe in controluce di Gilberto Isella. L’autore, il cui esordio molto sperimentale e audace, risale ai tardissimi anni Ottanta con la raccolta Vigilie incustodite (1989), si è ormai da tempo distinto come una delle voci più interessanti della poesia in lingua italiana ed ha anche avuto modo di mostrare una finissima coscienza autocritica compilando un’Autoantologia (Tellus, 2006).
Il libro, articolato in quattro sezioni, si apre con una significativa epigrafe tratta dalla Teogonia di Esiodo che ci pone immediatamente dinanzi una grande questione antropologica, quella del trionfo della ‘modernità’ sul corpo resistente del passato: «Sapeva … di essere destinato a soccombere un giorno davanti al proprio figlio, per quanto potente egli fosse». E la declinazione esiodea del mito di Saturno, rispetto alla più complessa tradizione che giunge fino a noi – evocando un Dio che prevale sul padre togliendogli la possibilità di generare e che soccombe dinanzi a uno dei figli – serve proprio a enfatizzare la necessità di una transizione intergenerazionale e a ricondurre tutta la nostra attenzione su una realtà contemporanea segnata dall’incapacità di riconoscere un momento di fondazione condiviso, di pronunciare un racconto ‘mitopoietico’ coraggioso ed efficace. Resterebbe, tuttavia, ai malinconici eredi del tempo lungo, la possibilità o la condanna di un’osservazione in controluce: cioè di una rilettura della fitta stratigrafia delle proposte di senso depositate nei secoli attraverso occhi che appartengono a un presente irreversibile.
Per questa tensione del poeta che si fa interprete del suo tempo in un cortocircuito vertiginoso con la Storia, per lo spessore dell’escursione storico-letteraria messa in gioco nelle varie sezioni, per il raffinato controllo del verso, la giuria ha ritenuto le fitte ed enigmatiche Mappe di Isella un libro importante e perciò meritevole del Premio per la poesia della XXVII edizione.
Vincitore Premio Speciale della Giuria:
Giulio Rapetti Mogol
Oggi, 29 settembre…; Se stasera sono qui; La prima cosa bella; Che colpa abbiamo noi; Una lacrima sul viso; Stessa spiaggia stesso mare…; La senti questa voce…, e si potrebbe continuare con sintagmi, con titoli legati a tanti momenti della nostra vita, con parole che hanno segnato stagioni, sentimenti, combinandoli ai ritmi e alle voci di cantanti diventati lo specchio di un’epoca. Ma al di là dei volti visibili (Battisti, Bella, Bobby Solo, Celentano, Lauzi, Mina, Morandi, Tenco, Vanoni, l’Equipe 84…) un nome, quello di Giulio Rapetti trasformato ad arte in Mogol, è diventato familiare, ad accompagnare, per i più in modo quasi misterioso, quegli altri posti subito alla ribalta. Ché tutte quelle canzoni di successo (bisogna ricordare che ne ha scritte oltre un migliaio, per non dire delle traduzioni dall’inglese dei traditionals di Bob Dylan, di David Bowie…) in effetti dovevano gran parte della loro fortuna alle parole che Mogol aveva saputo trarre, con attento ascolto, dalla musica: lui, ‘nato’, si potrebbe dire, in una casa editrice musicale, rispettoso da sempre dell’autonomia e dell’importanza degli spartiti.
In un paese come l’Italia, dove, diversamente dalla Francia, è sempre stata sporadica (praticamente inesistente) la collaborazione dei poeti con la musica popolare, Mogol è intervenuto a colmare un vuoto con la sua fondamentale e inconfondibile opera di modernizzazione, costruendo con squisita abilità retorica (si pensi alla ricorrenza nei suoi testi della ripetizione, dell’anafora, al sapiente mutamento dei registri, al ricorso persino a una sorta di stream of consciousness …), , a partire spesso da micro-storie personali che danno al tutto il segno inconfondibile della verità, dei tessuti discorsivi capaci di parlare pacatamente di un mondo giovane e nuovo, fatto di incertezze e nevrosi, paura della perdita e ricerca con l’altro della felicità. E’ riuscito insomma con rara maestria a realizzare la difficile coesistenza di livello artistico e popolarità, cultura e possibilità di comunicazione.
Né i suoi meriti, e quanto si è detto sarebbe già largamente sufficiente - e non a caso gli è valso, proprio in questo 2012, il premio Una vita per l’italiano (assegnato prima di lui da Ca’ Foscari a due storici della lingua dell’importanza di Tullio De Mauro e Francesco Sabatini) - sono di tipo solamente artistico. Anche a lui si deve la creazione della Nazionale italiana cantanti (ove ha continuato a segnare, come nella sua attività di autore di canzoni, indimenticabili gool); a lui si deve soprattutto la creazione (nel quadro di un’attività no profit finanziata dai suoi diritti d’autore) del Centro Europeo di Toscolano che da anni si occupa di cultura e di musica, diplomando giovani musicisti (2.000 ormai gli allievi usciti da corsi che hanno ottenuto il riconoscimento, con specifici crediti, anche dalle università statali).
Se dal 2008 il premio Mogol da lui voluto segnala miglior testo musicale in lingua italiana dell'anno, è parso giusto e doveroso alla Giuria del Premio Dessì segnalare chi per la musica, sua e degli altri, tanto ha fatto, con la capacità, l’impegno, la serietà del grande professionista. Per questo il premio speciale 2012 viene assegnato all’unanimità, il 23 di settembre - con anticipo di quasi una settimana rispetto a un suo testo famoso - a Giulio Rapetti Mogol.