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L’ignoranza come virtù
 
La campagna di Ferragosto contro il governo dei tecnici è partita alla grande. La guida da par suo uno spacialista, Vittorio Feltri, autore ieri su Il Giornale di un bellicoso editoriale, nel quale si contrappone “il governo di lorsignori” (come sarebbe per esempio un esecutivo a guida Mario Monti) a quello esistente dell’immarcescibile Cavaliere, autenticato secondo Feltri da uno schiacciante consenso elettorale (salvo che schiacciante non era neanche nel 2008 e che oggi di quegli elettori ne resteranno sì e no la metà). Ma la grande controffensiva ha anche i suoi emuli sardi. Dice Ugo Cappellacci, per giustificare le nuove nomine della sua giunta, e specificamente quella, sorprendente, di una giornalista alla Sanità: la “politica moderna” (ohibò, parole grosse!) richiede anzi l’assenza di legami con qualunque interesse. Quindi (udite, udite) è meglio scegliere assessori del tutto estranei al campo che dovranno governare. Ammette la stessa neo-assessora De Francisci: certo, io non sono una specialista della sanità. Ma subito aggiunge: ciò però mi rende più autonoma. È questo un refrain davvero singolare, cui si accompagna la polemica montante contro i tecnici privi della legittimazione popolare derivante dal voto. Come dire che la Levi Montalcini non potrebbe fare il ministro della Ricerca, né Falcone avrebbe potuto guidare l’Interno, né un grande diplomatico quello degli Esteri, né un economista quello dell’Economia. Ciampi, secondo questa tesi, non avrebbe potuto presiedere nel 1993-94 quel governo di persone per bene che ci salvò dalla catastrofe di allora. Secondo la teoria Cappellacci-De Francisci- Feltri si dovrebbe invece fare così: si dovrebbero scegliere, per le responsabilità di governo, illustri sconosciuti, meglio se non competenti in niente, possibilmente digiuni totalmente delle materie di cui dovrebbero curarsi. Non l’aveva detto persino Lenin che anche la cuoca, nel paradiso sovietico, avrebbe potuto guidare lo Stato? Anche questa citazione leninista ci è toccato di leggere in questi giorni nelle pagine dei quotidiani della destra italiana. Ebbene, lo dico con tutto il tatto necessario perché vedo che i sostenitori dell’incompetenza al potere tengono molto alla loro idea balzana: trattasi semplicemente di una solenne corbelleria. In termini specifici, parlando di noi, cioè della situazione italiana di oggi, sappiamo tutti che basterebbe sostituire l’agonizzante esecutivo Berlusconi con un solido governo di esperti (magari presieduto proprio da Mario Monti) per vedere immediatamente, in tempo reale, le sorti del nostro Paese risalire nelle classifiche di affidabilità internazionali. Questo lo sappiamo tutti, e dipende dal semplice fatto che il berlusconismo inteso come miracolistica soluzione dei problemi italiani è fallito rovinosamente, lasciando intorno a sé solo macerie tossiche. Ma c’è anche un profilo più generale. E riguarda la pericolosissima tesi che la “politica moderna” (come la chiama Cappellacci; e chissà a cosa sta pensando) richieda al comando gli incompetenti. Tesi che ci ha portato alla catastrofe attuale e che va respinta con tutta la forza e la fermezza necessarie. La verità è che da qualche anno la politica italiana vive una crisi profonda, che le impedisce ormai di funzionare come campodi sintesi degli interessi e delle spinte egoistiche particolari e di presentare ai cittadini soluzioni generali, capaci di tradursi in organici progetti di governo. Un tempo i competenti, bene o male, li selezionavano i partiti, seguendo – chi più chi meno – regole efficaci di scelta al loro interno. Oggi, essendo scomparsa questa funzione per essersi tramutati i vecchi partiti in aggregazioni personalistiche, li designa il capo supremo (o in sua vece il capetto regionale), per i quali è assai meglio avere a che fare con yes-men (o yes-girls) piuttosto che con personalità capaci e padrone del proprio campo. Valgono, piuttosto che l’esperienza e la competenza, altre “doti”: la fidelizzazione rispetto al leader, la presenza fisica, la capacità di comunicare un’immagine accattivante. Siamo ormai, avrebbe detto Ernesto Rossi, alla politica dell’aria fritta.Guido Melis - Deputato PD
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