Giuliano Pisapia non è solo un militante di Rifondazione Comunista. E' uno degli intellettuali più acuti che abbiamo in Italia, giurista di grande professionalità e cultura, uomo di idee salde, difficilmente ascrivibile alla sola dimensione di un partito. Conosco molti milanesi, anche del Pd, che lo hanno sostenuto e votato. Perciò le primarie milanesi non sono affatto un disastro, ma - penso - un episodio importante di democrazia di base. Detto questo non mi nascondo. Il Pd perde (Boeri, candidato ufficiale del partito resta sotto del 5%) e un po' perde anche il meccanismo delle primarie (67 mila invece che 100 mila e più partecipanti dell'ultima volta). I due segnali vanno colti e non sottovalutati. Punto primo: quando gli apparati si ostinano a sponsorizzare i candidati, come hanno fatto i vertici del Pd milanese con Boeri, si introduce nelle primarie un meccanismo distorsivo che può persino funzionare come un boomerang, cioè allontanare gli elettori. Lo aveva detto con grande nettezza Valerio Onida (forse il mio candidato preferito, se avessi votato a Milano), rivendicando la gara alla pari e senza magliette privilegiate. Nel voto per Pisapia c'è un chiaro moto di insofferenza per l'ingerenza dei vertici in un meccanismo elettorale che ha senso solo se resta di base, tra persone e non tra partiti o gruppi dirigenti dei partiti.Punto secondo: il Pd sta perdendo pezzi della sua base, sia nell'ala moderata che in quella più di sinistra. Questo è un segnale molto allarmante, che non va trascurato. Bersani è il segretario regolarmente eletto, va bene. Ma è chiaro che sta interpretando il Pd come un partito del Novecento, un partito socialdemocratico del Novecento, nel quale contano più gli iscritti dei cittadini, tutto si svolge per metabolismo interno e gli apparati hanno una leadership indiscussa e indiscutibile. Non era questo il nostro sogno , quando abbiamo aderito al Pd. Bisogna ridare slancio a quella proposta. Bisogna ritrovare i canali di collegamento con la società. Non basta il porta a porta una volta ogni tanto. Si tratta di calarsi nella realtà sociale, di aprirsi ad essa, di fiancheggiare i movimenti e non pretendere di ingabbiarli. E di capire, capire, capire. C'è un'Italia che sta cambiando, anzi è già cambiata. O ci sbrighiamo a imparare la lezione oppure sarà troppo tardi.
(Intervento di Guido Melis, parlamentare PD)