No ai “politici narcisi”
per il ritorno alla politica-cultura
Gli scandali che hanno travolto nelle ultime settimane la nostra classe politica ci dicono molto della situazione cui siamo giunti in questi ultimi quindici anni. Incredibile come quella che sarebbe dovuta essere la nuova età dell’oro della politica, dopo l’era della cosiddetta “partitocrazia”, si sia rivelata tanto fragile ed inconcludente.
Il caso Marrazzo, al di là di quelli che sono i suoi aspetti giudiziari, ci ha ribadito una cosa: il fallimento della personalizzazione della politica ben identificata dal potere assegnato ai governatori regionali. Troppo lungo è l’elenco dei Presidenti di Regione coinvolti in indagini o rimandati a giudizio: i nomi sono noti e non hanno una particolare collocazione geografica, andando dal Sud al Nord del Paese. Il nuovismo di questi personaggi, anche al di là delle loro intenzioni e intuizioni, peraltro non tutte negative, si è infranto contro il muro eretto dall’evidenza: senza cultura non c’è spazio per la buona politica. Nei giorni che ci avvicinano alla ricorrenza del ventennale della caduta del Muro di Berlino proprio la sinistra dovrebbe approfittarne per riflettere criticamente sul baratro cui è stata trascinata dopo aver sposato la retorica di un’indefinita governabilità e della riduzione degli spazi di verifica democratica dei cittadini a favore della concentrazione dei poteri nelle mani ritenute taumaturgiche di leader presi dal mondo della tv o dell’imprenditoria. Quando si riflette sui caratteri del berlusconismo bisognerebbe soffermarsi anche su questi temi che appaiono veramente centrali e destinati, se non cambierà la rotta, a sopravvivere all’attuale Presidente del Consiglio. La riduzione degli spazi di democrazia, a partire dallo svuotamento dei poteri delle assemblee elettive, è forse l’elemento centrale dell’attuale crisi della politica. Viviamo, del resto, in un’epoca di paradossi. più o meno uno l’abbiamo visto una settimana fa, durante le primarie del PD. Il vincitore, Pierluigi Bersani, è forse il più convinto nel ritenere che non sia possibile che un segretario di partito venga eletto non dagli iscritti, o meglio non solo, ma anche da chi non ha nessun interesse per le vicende interne di quel soggetto politico. “La democrazia di un giorno”, che ha spinto persone di centrodestra o magari dei partiti a sinistra del PD a deporre la loro scheda, avrà certamente rappresentato un segnale di partecipazione ma effimera, perché da lunedì tantissimi di quelli che hanno votato non sono certo tornati nei circoli del PD a commentare i risultati, né avranno nessun interesse per le assemblee che pure hanno contribuito ad eleggere. Speriamo veramente sia stato l’ultimo lascito di politici che sembrano vivere solo per presentare i loro romanzi o per essere presenti nell’ultimo libro di Vespa. Persone come Bersani o Rosi Bindi hanno infatti dalla loro la serietà e la scuola della cultura cattolica e marxista per ricostruire almeno in parte il tessuto della partecipazione che è andato dissolvendosi in questi anni di “turbopolitica mediatica”. Già veder finita l’era dei politici-narcisi non sarebbe una brutta (ri)partenza
Gli scandali che hanno travolto nelle ultime settimane la nostra classe politica ci dicono molto della situazione cui siamo giunti in questi ultimi quindici anni. Incredibile come quella che sarebbe dovuta essere la nuova età dell’oro della politica, dopo l’era della cosiddetta “partitocrazia”, si sia rivelata tanto fragile ed inconcludente.
Il caso Marrazzo, al di là di quelli che sono i suoi aspetti giudiziari, ci ha ribadito una cosa: il fallimento della personalizzazione della politica ben identificata dal potere assegnato ai governatori regionali. Troppo lungo è l’elenco dei Presidenti di Regione coinvolti in indagini o rimandati a giudizio: i nomi sono noti e non hanno una particolare collocazione geografica, andando dal Sud al Nord del Paese. Il nuovismo di questi personaggi, anche al di là delle loro intenzioni e intuizioni, peraltro non tutte negative, si è infranto contro il muro eretto dall’evidenza: senza cultura non c’è spazio per la buona politica. Nei giorni che ci avvicinano alla ricorrenza del ventennale della caduta del Muro di Berlino proprio la sinistra dovrebbe approfittarne per riflettere criticamente sul baratro cui è stata trascinata dopo aver sposato la retorica di un’indefinita governabilità e della riduzione degli spazi di verifica democratica dei cittadini a favore della concentrazione dei poteri nelle mani ritenute taumaturgiche di leader presi dal mondo della tv o dell’imprenditoria. Quando si riflette sui caratteri del berlusconismo bisognerebbe soffermarsi anche su questi temi che appaiono veramente centrali e destinati, se non cambierà la rotta, a sopravvivere all’attuale Presidente del Consiglio. La riduzione degli spazi di democrazia, a partire dallo svuotamento dei poteri delle assemblee elettive, è forse l’elemento centrale dell’attuale crisi della politica. Viviamo, del resto, in un’epoca di paradossi. più o meno uno l’abbiamo visto una settimana fa, durante le primarie del PD. Il vincitore, Pierluigi Bersani, è forse il più convinto nel ritenere che non sia possibile che un segretario di partito venga eletto non dagli iscritti, o meglio non solo, ma anche da chi non ha nessun interesse per le vicende interne di quel soggetto politico. “La democrazia di un giorno”, che ha spinto persone di centrodestra o magari dei partiti a sinistra del PD a deporre la loro scheda, avrà certamente rappresentato un segnale di partecipazione ma effimera, perché da lunedì tantissimi di quelli che hanno votato non sono certo tornati nei circoli del PD a commentare i risultati, né avranno nessun interesse per le assemblee che pure hanno contribuito ad eleggere. Speriamo veramente sia stato l’ultimo lascito di politici che sembrano vivere solo per presentare i loro romanzi o per essere presenti nell’ultimo libro di Vespa. Persone come Bersani o Rosi Bindi hanno infatti dalla loro la serietà e la scuola della cultura cattolica e marxista per ricostruire almeno in parte il tessuto della partecipazione che è andato dissolvendosi in questi anni di “turbopolitica mediatica”. Già veder finita l’era dei politici-narcisi non sarebbe una brutta (ri)partenza
Gianluca Scroccu
-