“Non sarebbe bene di finirla con le questioni di parole e affrontare con maggiore impegno i problemi che riguardano le cose da fare in questo paese che sta andando alla deriva?” Così domandava in una sua lettera allo storico Tamburrano Norberto Bobbio, il grande filosofo del diritto e scienziato della politica del quale in questi giorni, era nato infatti il 15 ottobre 1909, sono iniziate le celebrazioni a livello nazionale ed internazionale per il centenario della nascita. Molti saranno i convegni e le riflessioni che si soffermeranno su questo grande italiano del Novecento, oltre che i libri tra cui si segnala l’antologia curata da Marco Revelli dal titolo Etica e politica (I Meridiani Mondadori, pp. 1718, € 55).
La politica, oggetto di studio ma anche di
passione civica, coltivata quasi mai da militante, se si escludono le parentesi
azionista e nel Partito Socialista, a cui anche da ultranovantenne e sino alla
morte, avvenuta il 9 gennaio 2004, Bobbio continuò a dedicare riflessioni
fondamentali. Può essere assai stimolante tornare ad esempio sulle
considerazioni del filosofo torinese rispetto alla natura e alle prospettive
della sinistra italiana. Dopo la fine dell’esperienza del Partito d’Azione,
rimasto fedele agli ideali del liberalsocialismo, dedicò infatti molte delle sue
energie intellettuali al dibattito e al confronto, spesso aspro, con i comunisti
italiani, a partire dalla polemica degli anni Cinquanta con Togliatti, poi
raccolta nel fondamentale volume “Politica e cultura”, dove sostenne senza
riserve il primato dell’autonomia dell’intellettuale rispetto ai partiti (“il
suo compito è quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze”) e
ribadì la centralità della libertà di pensiero e di critica come elemento
fondante dell’impegno culturale. Tutti elementi, osservava il filosofo, che non
sussistevano nel mondo sovietico dove evidentemente esisteva un grande problema
di assenza di libertà, di verifica del consenso tramite elezioni aperte a tutti
e di mancanza di divisione dei poteri, concentrati tutti nell’apparato del PCUS.
Peraltro, proprio in merito ai suoi rapporti con il PCI, i suoi critici non
mancarono di accusare lui e gli altri azionisti di “liberalismo strabico” per il
loro mai celato obiettivo di favorire la trasformazione dei comunisti italiani
in socialisti europei secondo il modello continentale e scandinavo.
Fonte: Centro de Estudos Norberto Bobbio
Gli anni Settanta, dopo la delusione per la riunificazione socialista del 1966, videro il suo impegno concentrato soprattutto sulle pagine della rivista di cultura socialista “Mondoperaio” da dove criticò il disegno della terza via dell’eurocomunismo berlingueriano, giudicata una battuta d’arresto inutile rispetto al raggiungimento della prospettiva socialdemocratica, ma anche il progetto sostanziale del compromesso storico, a suo avviso un pericolo per il profilo democratico del sistema italiano in quanto l’amplissima maggioranza avrebbe reso difficile la formazione di ogni possibile alternativa. Gli anni di Craxi videro invece Bobbio biasimare il nuovo segretario socialista per il suo atteggiamento nei confronti del PCI, paragonato a quello di chi attende invano il cadavere del nemico sulla riva, a cui rimproverò di aver ostacolato il dialogo verso la riunificazione della sinistra, vera anomalia italiana ma anche di aver introdotto tendenze plebiscitarie e presidenzialiste nella storia socialista, arrivando a definire “democrazia dell’applauso” in un famoso articolo la rielezione craxiana per acclamazione al congresso PSI di Verona nel 1984. Atteggiamenti condivisi dall’allora inquilino socialista del Quirinale, Sandro Pertini, a cui lo legava peraltro la comune concezione del socialismo come unione fra giustizia sociale e libertà, che lo nominò Senatore a vita nel 1984.
Il pessimismo e
la delusione per gli scenari apertisi dopo il 1989 e il 1992, con quella che gli
parve una grave degenerazione del sistema politico italiano culminata con
l’ascesa di Berlusconi (che fu tra i primi a criticare duramente soprattutto su
“La Stampa”), e della Lega (con la Padania definita impietosamente “uno sgorbio
storico e geografico”), lo portarono alla stesura del bestseller “Destra e
sinistra”, pubblicato da Donzelli, un testo dove riaffermò la distinzione tra le
due categorie politiche a partire dal tema della disuguaglianza. Fu in quei
frangenti che la sinistra, secondo Bobbio, perse l’occasione di rinascere dalle
macerie del Muro all’insegna di un nuovo progetto unitario rappresentato da un
socialismo umanista capace di coniugare giustizia sociale, libertà e
repubblicanesimo. E non mancò di lanciare avvertimenti alla sinistra
post-comunista per evitare che, ansiosa di legittimazione, potesse diventare
succube della proposta neoliberista limitandosi ad accettare la realtà senza
rilanciare in chiave democratica nel XXI secolo quelle tematiche che
nell’Ottocento avevano portato alla fondazione dei partiti socialisti. Senza
dimenticare le sue molteplici critiche contro l’affermazione, a destra come a
sinistra, di partiti personali ritagliati su un leader carismatico, spesso
proveniente dal mondo imprenditoriale, che non accetta la crescita di minoranze
critiche interne e a cui i militanti riservano un’obbedienza quasi
religiosa.
Sono queste le
ragioni per il quale il centenario della nascita di Bobbio può
rappresentare
l’occasione per riscoprirne la lezione e provare a lavorare, sulla base delle
sue riflessioni, per garantire quel profilo di serietà ed impegno ad una
politica come quella italiana oggi più che mai all’affannosa ricerca di una sua
identità.
Articolo
di - Gianluca Scroccu
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