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PROFESSIONE REPORTER, QUINDI FARABUTTO
 
NegliStati Uniti il giornalista deve controllare una sola cosa: che quel che dice siavero. In Italia invece il mestiere di giornalista è diventato una via crucisfra denunce civili e penali, garanti della privacy ed esposti all’Ordine. Perquelli televisivi c’è pure la Vigilanza del Parlamento, l’Autorità dellecomunicazioni e ora il ministro Scajola, cioè il governo. L’avvocato KatiaMalavenda ha scritto su Micromega una specie di gioco dell’oca, una via cruciscon tutte le trappole che spuntano sulla strada di ogni giornalista italiano.Anzi, di ogni “farabutto”. Diciamo subito che è giusto chi scrive il falsosu qualcuno, se mente sapendo di mentire o non fa tutte le verifiche possibili,sia condannato, risarcisca la vittima e venga espulso dall’Ordine. Ma inItalia puoi essere condannato anche se racconti un fatto vero: basta usareparole troppo aspre, o notizie segrete, o atti pubblici ma non pubblicabili.Enon c'è alcuna differenza fra una critica dura e un fatto falso: si rischia ladiffamazione in entrambi i casi.

  In America Michael Moore ha scritto un librosu Bush, “Stupid White Man”, e Bush non s’è nemmeno sognato didenunciarlo: nessun tribunale avrebbe preso in considerazione la denuncia.Nemmeno Clinton ha mai denunciato i giornalisti: neppure quando hanno scrittoche il suicidio   di un suo assistente era una messinscena per coprire un omicidio.

  In Italia, se dai dello stupido a unpolitico, rischi il carcere fino a 6 anni, o la multa, più il danno morale e lariparazione pecuniaria proporzionata alla gravità dell'offesa e alla tiratura oallo share. Le somme le decide il giudice, a discrezione. Anche se il cronistas'è soltanto sbagliato e poi s'è scusato subito con una rettifica.

  Non basta: i danni patrimoniali si possonopure chiedere in sede civile e provocare una condanna al risarcimento per ilgiornalista e l'editore. Invece negli Usa – scrive Alexander Stille suRepubblica- il cronista può perfino scrivere una notizia falsa senza essercondannato: la condanna scatta solo se scrive il falso con "malizia" e"reckless disregard of the truth", "noncuranza spericolata per laverità". Cioè se l’ha fatto apposta o non s’è dato da fare perverificare la notizia. Se sbaglia in buona fede, prevale il diritto di cronaca,che è un bene assoluto. E per le critiche, anche feroci, non c'è denuncia chetenga. In Italia chi fa causa civile non rischia nulla: chiede decine, centinaiadi milioni e, se poi il giudice gli dà torto, non deve sborsare una lira. Moltiesperti propongono una cauzione. Mi chiedi 10 milioni? Ne lasci 1 sul tavolo, uncip del 10%. Se vinci, incassi il risarcimento. Se perdi, la Giustizia e ildenunciato si dividono il milione per il tempo e le energie che gli hai fatto   perdere. Il che scoraggerebbe le cause infondate e le liti temerarie, quelle attivate dai potenti a scopo intimidatorio. Negli Usa, poi, chi denuncia un giornalista deve sottoporsi alla "discovery": cioè tirar fuori tutte le carte. Cioè: Berlusconi, dopo aver denunciato Repubblica per le 10 domande, dovrebbe rispondere a tutte e 10 le domande. Per questo in America i potenti stanno alla larga dai tribunali.

  Altra trappola tutta italiana: il Garantedella privacy, che interviene quando il giornalista riporta dati personali:salute, idee politiche, religione, tendenze sessuali. Se il cronista dice che unpaziente è morto in ospedale, deve dimostrare che la notizia era“essenziale” per un'informazione completa. E chi decide se è essenziale? IlGarante, a sua discrezione. Se decide che il cronista ha torto, può farlopunire dall'Ordine fino alla sospensione dalla professione da 2 mesi a 1 anno, oaddirittura alla radiazione. Non solo: il giornalista finisce pure in tribunalepenale per il reato di trattamento di dati personali non essenziali, e rischiada 1 a 3 anni di carcere; o davanti al giudice civile, che può condannarlo alrisarcimento insieme al suo editore. In caso di foto, tipo quelle dentro villaCertosa, altro reato con pena massima fino a 4 anni di carcere.

  In America la privacy dei personaggipubblici di fatto   non esiste: questi hanno tutte le possibilità di dare la loro versione dei fatti, diversamente dai privati cittadini che non hanno voce. Figurarsi se ci fosse un politico con decine di giornali e 5 tv su 6. Quando il senatore del New Jersey Jon Corzine prestò alla fidanzata 300 mila euro, dovette chiarire tutto in pubblico perché lei era una sindacalista che trattava con lo Stato. Un fatto privato e perfettamente lecito: ma toccava un uomo pubblico e se ne doveva parlare. In Italia l’unica privacy di cui si parla è quella dei potenti. I cittadini comuni, tipo Alberto Stasi, possono essere massacrati in tv senz’alcuna difesa. Se poi il giornalista italiano si occupa di giudiziaria, la via crucis continua. Se pubblica atti d’indagine non segreti,rischiaun'ammendafinoa258euro,oblabile pagandone 129.

  Ora la legge Alfano alza l'ammenda a 5 milaeuro, e a 10 mila se ci sono intercettazioni, anche se non segrete. L'editoreinvece rischia fino a 480 mila euro per ogni articolo. In più il giornalistadev'essere denunciato all’Ordine e può essere sospeso dalla professione. Cosìnon si pubblicherà più niente. E se il giornalista viene assolto? Peggio perlui lo stesso. Il processo non avrebbe mai dovuto iniziare, ma le spese legalile paga comunque, lui o l'editore. In Italia denunciare i giornalisti conviene,anche se dicono il vero. E’ fare i giornalisti che non conviene. Meglio andarea rubare e portare il bottino all’estero: tanto poi c’è lo scudo

Art.di Marco Travaglio (Anno Zero del 01/10/2009)

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