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Italia-Africa: La disfatta di Mister 3%
 

Lo scorso 11giugno, un parterre de roi, tra cui spiccavano Bill Gates, fondatore diMicrosoft, il premio Nobel per la pace Desmond Tutu (“il piccolo gigante”) eBob Geldof, si è dato appuntamento a Londra per presentare il quarto report ONE- DATA 2009. Com’è noto, ONE - DATA è il risultato della fusione tra ONE,una coalizione di organizzazioni di base americane fondata nel 2004 e DATA (Debt,AIDS, Trade, Africa, cioè Debito, AIDS, Commercio Africa) un gruppo dipressione capitanato, tra gli altri, dal cantante degli U2 Bono Vox.L’obiettivo esplicito è fare pressione sui governi dei paesi sviluppatiaffinché contribuiscano seriamente alla lotta contro la povertà estrema inAfrica, con particolare attenzione ai temi della cancellazione del debito, delleterapie anti-AIDS e della sua prevenzione, e della riforma delle pratichecommerciali scorrette che penalizzano l’Africa (leggi: sussidi all’agricolura).

Il rapporto ONE - DATA del 2009 analizza lo stato dell’arte del mantenimentodi uno degli impegni che i “Grandi” hanno assunto nei confrontidell’Africa a margine del 31-esimo G8, tenutosi a luglio del 2005 pressol’Hotel Gleaneagles in Scozia: il raddoppio degli APS (aiuti per lo sviluppo)all’Africa in un lustro. A fine 2004 gli APS complessivamente messi sul piattodalle 7 nazioni (Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito eStati Uniti - la Russia non si è degnata di fare alcuno sforzo) ammontavano acirca 18,3 miliardi di dollari USA (al cambio del 2008): l’obiettivo era diarrivare a 39,8 miliardi a fine 2010.

La fotografia scattata da ONE - DATA a metà del 2009 non è molto confortante:dal 2005 al 2008, i 7 hanno concretizzato le loro promesse solo per un terzo(per un totale di circa 7 miliardi di dollari); secondo le stime di ONE, entrola fine di quest’anno si dovrebbero aggiungere altri 3,5 miliardi circa,portando a metà il bilancio degli aiuti promessi ed effettivamente erogati (peressere certi che l’obiettivo finale venga centrato, se ne dovrebbero metterein campo oltre 7 sia nel 2009 e che nel 2010).

Analizzando i dati, si scopre che, se pure gli obiettivi effettivamenteconseguiti sono esattamente un terzo del totale, il contributo delle varienazioni è molto diverso: vi è chi, come il Canada o il Giappone, ha sborsatopiù di quanto aveva promesso (rispettivamente il 206% e il 135%); la Germaniaè circa al 30%, il Regno Unito al 27% e gli USA al 70%. La Francia fa unafiguraccia con il suo 7%, mentre l’Italia è addirittura penosa con il suo 3%.Per interpretare correttamente i dati, però, è importante notare che ognimembro del G7 ha interpretato i suoi “compiti” a piacimento; per capirequanto questo processo sia stato arbitrario, confrontiamo la percentuale delcontributo di ognuno dei Sette agli obiettivi di Gleaneagles alla sua quota delPIL da essi generato complessivamente.

C’è chi è stato salomonico, come il Canada (4% di impegno dalla nazione che“vale” il 4% del PIL complessivo), chi ha deciso di non sprecarsi troppo(gli USA, 22% di impegno con il 44% del PIL, o Giappone, 6% del impegno con il15% del PIL) e chi, come i paesi EU, ha fatto lo splendido: Francia (21% diimpegno con il 9% del PIL), Germania (16% di impegno con l’11% del PIL),Italia (13% di impegno con il 7% del PIL) e Regno Unito (18% di impegno conl’8% del PIL). Questo anche per dire che, se gli Stati Uniti hanno mantenutoil 70% delle loro promesse agli Africani e il Giappone ha addirittura dato loropiù quattrini di quanto si fosse impegnato a fare, un po’ dipende anche dalfatto che i loro obiettivi erano modesti fin dall’inizio.

Il verdetto di ONE - DATA su Italia e Francia è senza appello: i due paesi“Hanno fornito prestazioni straordinariamente deludenti e stanno danneggiandola credibilità generale del G8. Cosa più importante, non stanno fornendo ilsostegno finanziario promesso in un momento in cui l’Africa subsahariana stagià riscontrando il prosciugamento di altre fonti di reddito (a causa anchedella crsi finanziaria ndr).” Benché rimanga inspiegabile il fatto che laFrancia abbia dato un contributo tanto modesto all’Africa, specie inconsiderazione degli importanti legami economici, culturali e storici che lalegano a quel Continente, va comunque annotato che, se si considerano gli aiutiforniti complessivamente da Oltralpe ai Paesi in via di sviluppo, essirappresentano pur sempre lo 0,35% del PIL: un dato che la colloca tra i “primidella classe” per quanto riguarda un altro degli obiettivi di Gleaneagles, cioèquello di portare tale rapporto allo 0,7% entro il 2010 (da questo punto divista, meglio della Francia ha fatto solo la Gran Bretagna, che nel 2008 ha giàraggiunto lo 0,4%).

Per l’Italia c’è solo un posto dietro la lavagna con un cappello da ciucocalato sulla testa: pur essendo uno dei Paesi ad esporsi di più (a parole), hamantenuto una percentuale ridicola delle sue promesse (il 3% appunto), e hacomplessivamente devoluto agli APS lo 0,17% del suo prodotto interno lordo. Comese non bastasse, “sta progettando tagli devastanti ai suoi programmibilaterali di aiuto allo sviluppo”. Al danno si aggiunge la beffa, anzi, piùdi una: prima di tutto, a firmare quegli impegni così generosi a Gleneagles èstata la stessa mano che siglò nello studio di Bruno Vespa l’ormai celebreContratto con gli Italiani - quella del Bugiardo Patologico che governava allorae che oggi ancora governa il nostro Paese.

Non si sa se poi se ridere o piangere leggendo sul sito ufficiale del G8 2009 laseguente frase: “Favorire lo sviluppo sostenibile e lottare contro la povertànei paesi meno avanzati è una priorità centrale per i Capi di Stato del G8 eper il Governo. Molte iniziative di sviluppo sono state lanciate e sostenute dalG8, in primo luogo nei confronti dell’Africa”. Bob Geldof, che sarà pure uncantante modesto, ma non è uno stupido, non ha fatto né l’una cosa, nél’altra: si è invece parecchio arrabbiato quando, improvvisatosi giornalistagrazie alla meritoria iniziativa del neo-direttore de La Stampa Mario Calabresi,ha affrontato Silvio Berlusconi una memorabile intervista, incalzandolo sullagravità delle inadempienze italiane.

Ne è venuto fuori un pezzo di grande giornalismo, nel quale il Presidente delConsiglio, che le prende di santa ragione, non trova di meglio che sfoderare ilsuo solito armamentario di patetici trucchetti (piglio imprenditoriale,patetismo d’accatto, orgoglio pataccaro, tentativo spudorato e reiterato di“buttarla in caciara”). E la cosa sorprendente è che, per la prima volta daanni, si percepisce chiaramente che è in difficoltà; una sensazione inedita,in tempi di interviste negoziate e conferenze stampa a base di barzellette daquattro soldi. Al punto che, a scorrere La Stampa di domenica scorsa, parevaquasi di vederlo sudare sotto le abituali due dita di cerone.

Del resto, anche il più incallito dei professionisti della politica prova unbrivido di fronte alle parole con cui Bob Geldof, capigliatura improbabile etalento musicale modesto (della sua carriera artistica si ricorda un nonmemorabile pezzo dal titolo “Non mi piacciono i lunedì”…) ha azzannato il“povero” premier de noantri: “Quando tagliate gli aiuti, levate il cibodalla bocca dei bambini affamati; togliete letteralmente gli aghi dalle vene deimalati.” Oppure a crederlo si pecca di ingenuità?

Mario Braconi - altrenotizie

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