I primi furono un drappiere inglese e sua moglie, l’artefice un’inglese di nome Hunter. Era il 1791. Il primo caso di inseminazione artificiale umana. Poi venne la Francia, nel 1804. Poi gli USA dove la prima inseminazione eterologa avvenne nel 1884, con l’aiuto generosamente fornito da uno studente prescelto per i suoi brillanti risultati scolastici. Poi venne Louise Brown, in quel di Manchester, la prima “bambina in provetta” Nel 1984, invece, nasce Zoe, da un embrione che era stato congelato.
L’accelerazione del progresso scientifico non si è più fermata, è andata così veloce che etica, filosofia e diritto hanno perso velocemente il filo: inseminazione artificiale, donazione degli ovociti, fecondazione in vitro e trasferimento embrionale, manipolazione degli embrioni e capacità di modificare il patrimonio genetico dell’individuo, maternità per sostituzione, inseminazione post-mortem grazie al congelamento degli embrioni. Importanti scoperte scientifiche e serie ricerche che in questo nostro strano schizofrenico mondo finivano nei giornali accanto alle mamme-nonne, agli uteri in affitto, all’ultimo clamoroso annuncio di clonazione umana
Incertezza, confusione, paura: il bambino come prodotto della scienza, l’uomo che vuole superare DIO. Il desiderio di un figlio, il diritto di avere un figlio, l’atto stesso di dare la vita non sono più soltanto materia riservata al dominio della coscienza individuale e, ancor meno, alle regole etiche e religiose. Tantomeno è sufficiente la deontologia medica: il rischio di eccessi e di “commercio della riproduzione umana” è troppo alto. Il diritto, attraverso l’intervento del legislatore, deve quindi irrompere nella vita delle coppie e degli individui che esprimono il desiderio di maternità e paternità, deve entrare in quella sfera che confina pericolosamente con l’etica e la coscienza individuale. Il legislatore è chiamato a sancire o meno l’esistenza del diritto di un individuo, che sceglie consapevolmente di procreare, di beneficiare dei progressi scientifici per mettere al mondo un bambino.
Così come appare evidente il pericolo di lasciare la ricerca scientifica su questi delicatissimi temi alle “spontanee leggi di mercato”, non si può non vedere il rischio di un neoconservatorismo su questioni come maternità e libera determinazione delle donne. Questo pericolo può essere scongiurato solo in uno stato realmente laico dove il legislatore legifera in modo autonomo, secondo il principio che vuole tutti i suoi cittadini liberi di scegliere di adottare i comportamenti e i modi di vita che ritengano più giusti, purché non ledano i diritti degli altri. Non è un buon segno quando ciò che qualcuno considera “peccato” diventa “reato”. Non si sa mai dove si va a finire.
Questo pericolo è stato scongiurato in Francia, in Spagna, in Gran Bretagna, in Svizzera, in Turchia…ma non nel nostro paese. La legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita, anche ad un’analisi superficiale si mostra per quello che è: un insieme di disposizioni ultraconservatrici e oscurantiste, pericolose, offensive della dignità delle donne e della loro libertà. Una legge che non consente la fecondazione eterologa, già diffusa nel nostro paese, di cui nessuno ha finora dimostrato la pericolosità, né per le coppie che vi ricorrono né per i bambini che con questa tecnica sono venuti alla luce, a migliaia, e vivono in buona salute. Una legge che vieta la “riduzione embrionaria di gravidanze plurime” e la diagnosi preimpianto degli embrioni che dovranno essere tutti introdotti nell’utero della madre, anche quando uno di essi sia affetto da una grave malattia e malformazione, salva la possibilità della donna di abortire. Una legge ipocrita che considera un reato penalmente perseguibile la soppressione di un embrione non ancora impiantato nell’utero della madre, in attesa di poter fare lo stesso con la legge sull’interruzione volontaria della gravidanza, sperando in una sorta di regressione collettiva da stato laico a stato confessionale. Regressione che, forse, è ancora evitabile. Per dimostrarlo (anche a una sinistra spesso tiepida) è bastata una trasmissione televisiva.
Le hanno messe una di fronte all’altra, due donne sarde. Una si è sottoposta alla fecondazione assistita con la diagnosi pre impianto prima della legge, non voleva rischiare di mettere al mondo un figlio con l’anemia mediterranea, malattia di cui era portatrice insieme al marito, la scienza le ha permesso di non farlo, grazie dottore; l’altra non ce l’ha fatta, per dieci giorni o giù di lì, la nuova legge non consente la diagnosi pre impianto, troppi rischi per il bambino e la madre, grazie governo. Report, Rai Tre il venerdì sera. Dopo questa trasmissione la raccolta di firme per il referendum abrogativo della legge sulla procreazione assistita ha avuto un’impennata impensabile e si sono raggiunte le firme necessarie. Si andrà alle urne. Hai visto, l’informazione.
Perché in un paese come il nostro, ipocritamente cattolico (o cattolicamente ipocrita, fate voi), con un rispetto e una considerazione per la scienza e per chi fa ricerca che a volte sembrano inferiori a quelli di un villaggio di Amish, un paese in cui sono circolati dei manifesti che hanno equiparato ai nazisti adoratori di Mengele tutti coloro che hanno firmato per il referendum, con il mondo dei media e della politica (vero Fassino?) colpevolmente in silenzio, quelle due donne, la felicità di una e il dolore dell’altra hanno fatto di più di qualsiasi dotto intervento su etica, biogenetica e scienza. Radio Radicale ha ringraziato la Gabanelli. Anche noi.
Manuela Scroccu