Quando venne eletta, nel 1995, Anna Sanna fu salutata come il primo sindaco donna di Sassari.
Questa strana città, alla perenne ricerca di un uomo forte che risolva i suoi problemi, ossequiosa nell’ufficialità e dissacratoria nel privato, sembra davvero innamorata della ex deputata pci. Ma a scommettere in lei erano soprattutto i partiti del centro sinistra, che avevano puntato sul suo nome e su quello del candidato della Provincia, Pietro Soddu: inossidabile politico di Benetutti.
Oggi Anna Sanna corre da sola - con un lista civica sostenuta da Rifondazione, dai Verdi e da alcuni movimenti cittadini - alle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale. Abbandonata dai partiti che cinque anni fa avevano fatto di lei il pifferaio magico delle amministrative, dopo anni di “orgogliosa militanza” Anna Sanna è oggi un’accanita detrattrice delle “oligarchiche partitiche”. Il Pds ha reagito alle strappo avvisando la ribelle di essersi collocata fuori dal partito. Quasi un’anticipazione di provvedimenti formali rinviati, per prudenza elettorale, al dopo elezioni.
Ma cosa ha fatto Anna Sanna, per meritarsi un benservito che ha portato in pole position il sardista Leonardo Marras: uomo-immagine della Telecom, di cui ha curato per anni le pubbliche relazioni, ma anche presidente della Torres Calcio? Il centro sinistra aveva di fronte due strade, per spiegare alla città la clamorosa bocciatura della sua sindaca, ma le ha evitate entrambe. La prima era ammettere un fallimento amministrativo, per la verità smentito dai quattrocento miliardi di finanziamenti pubblici assicurati alla città dalla giunta-Sanna.
La seconda era dire che il sindaco donna non piaceva più, ma per ragioni che hanno poco a che vedere con la politica ufficiale. Il centro sinistra, ma più ancora il dilaniato Pds sassarese che avrebbe dovuto sostenere Anna Sanna nelle estenuanti contrattazioni che hanno preceduto il “divorzio”, se l’è cavata con vaghe spiegazioni. In realtà, con nessuna.
Le motivazioni dell’impallinamento di Anna Sanna potrebbero avere origine negli strappi, frequenti ed evidentemente mal tollerati dagli interessati, che il sindaco donna ha compiuto fin dall’inizio del suo mandato. Con i partiti ufficiali, innanzitutto, ma anche con i potentati economici che cercavano di impastoiarla per farle accettare le proprie logiche. Non che il sindaco Sanna non abbia cercato di blandire gli alleati distribuendo, soprattutto nei momenti di difficoltà della sua giunta, assessorati a personaggi che poco avevano a che fare con quel nuovo che ogni amministrazione - ma soprattutto la sua - annuncia diligentemente all’insediamento.
Nelle segreterie dei partiti, la riluttanza di Anna Sanna ad accettare direttive esterne non è piaciuta. Non è ingenuo concludere che la ragione unica della sua defenestrazione stia proprio in questa schietta antipatia reciproca, cresciuta in cinque anni, tra l’amministrazione comunale e i partiti che l’avevano sostenuta.
C’è però una seconda ragione, squisitamente umana, che la donna Anna Sanna, non la politica avveduta, si rifiuta ancora di considerare come l’alibi da lei stessa consegnato ai suoi “nemici”. Anna Sanna aveva una opportunità formidabile per dimostrare che le donne, una volta al potere, sono capaci di creare un feeling con la gente. Facendo cose e realizzando progetti, certamente, ma anche dialogando con la città in un modo diverso da quelli canonici. Tutti maschili e generalmente tollerati da una società rassegnata alle logiche dei partiti.
La verità è che la prima sindaca di Sassari ha sprecato quest’arma inedita, tutta femminile, riuscendo così a coalizzare una parte della comunità in una indifferenziata e talvolta ingiustificata bocciatura. Un malumore generalizzato usato oggi dai partiti come un boomerang che ha il sapore di una vendetta.
Qualcuno, soprattutto le fasce più deboli della cittadinanza, si è sentito tradito da un’amministratrice incapace di essere soprattutto una donna che amministra. E ascolta la gente, prende atto dei suoi problemi, è presente dove gli uomini non sono in grado di arrivare. Perché troppo presi a manovrare le leve del potere.
Anna Sanna si è giocata cosi quel sostegno popolare che avrebbe scoraggiato le manovre dei suoi avversari politici: dei partiti della coalizione, ma anche di una parte della segretaria diessina impegnata in una guerra interna senza esclusione di colpi. Ma, più in generale, Anna Sanna ha fallito un esperimento - davvero unico nel suo genere - che poteva dimostrare che le donne al potere hanno una carta in più da giocare. Quella della competenza, ma anche della sensibilità. Quella del coraggio, ma anche della capacità di ascolto. Indossando l’armatura del perfetto amministratore, la sindaca si è troppo spesso dimenticata di essere anche una donna.
Ci sta riprovando adesso, che si è svincolata dai partiti, con una lista dove non è un caso abbia un ruolo determinante l’associazione Città Mia, nata cinque anni fa da una iniziativa di donne impegnate in politica.