Torino, giovedì 13 ore 16,30:
AMBIENTAZIONE: Lingotto, enorme labirintica scatola di cemento e vetro, un tempo abitata da operai e macchinari. Il luogo principale dell’azione è la grande sala congressi, la scenografia è grigia, azzurrina, con qualche spruzzata di arancio e rosso. Sopra il palco campeggiano tre maxischermi e la scritta “I CARE”, lo slogan del congresso ripreso da Don Milani e fortissimamente voluto da Veltroni. Là dove rimbombava il rumore delle presse ora trionfano gli squilli dei telefonini.
PROTAGONISTI: Delegati, invitati, presidenza, organizzazione, servizio d’ordine, stampa. Eccoli i “cittadini” del congresso, distinguibili dalla targhetta plastificata variamente colorata (rossa per i delegati, rosa per gli invitati) ... “da tenere sempre in vista , mi raccomando, così ci semplificate il lavoro” (così supplicavano gli addetti al servizio d’ordine ).
SLOGAN: Niente più bandiera rossa, ma “I CARE”, cioè mi faccio carico, me ne frega, ci penso io, tu stai pure dove sei, mi preoccupo. Di cosa non è dato sapere.
PERSONAGGI FAMOSI DELLO SPETTACOLO: non ne ho visto uno (a parte Gad Lerner, Mannoni e Bianca Berlinguer, ma loro sono giornalisti e non contano, e Roberto Vecchioni, che però è intervenuto!). Non potendo rassegnarmi all’idea (Alessandri Baricchi, Sabrine Ferilli, Giuli Scarpati, Tornatori, dove siete ?), mi sono fatta un giro per tutta la platea, ma incontravo sempre Ugo Intini (chissà perché, forse un segno), così ho rinunciato.
SUONERIE DEI TELEFONINI: Classiche, trillo spezzato, trillo prolungato, Nona di Beethoven, “Le Quattro Stagioni”, le abbiamo sentite tutte. Il grande protagonista tecnologico del congresso non è stato Internet, ma il cellulare: per scambiare opinioni con i parenti a casa, ma soprattutto per non perdersi nella grande bolgia umana del congresso. “Mi vedi? Sono quello con la mano alzata (senza il pugno chiuso, non si usa), in quindicesima fila, in direzione della I di “I CARE”. “Ci siamo ritrovati”, ha detto Veltroni nel suo intervento conclusivo di domenica. Certo, grazie ai telefonini! Alla fine hanno gentilmente chiesto di non usarli più per non disturbare le telecamere, ma non gliene fregava niente a nessuno.
LA CARTELLA DEL DELEGATO: Bianca, di plastica, con il manico azzurro. “Però quelle dell’altro congresso erano più belle, anche firmate”, si lamenta una compagna seduta di fianco a me. Pazienza, afferro la cartella, prendo posto, e mi metto ad esaminare il Kit del delegato.
Chissà che documenti ci saranno, d’altronde noi votiamo, prendiamo le decisioni, bisognerà leggere tutto! Apro e trovo nell’ordine: le due mozioni congressuali (ne avrò collezionato, dall’inizio dei congressi, una trentina!), cartina di Torino, progetto per il nuovo Statuto (già visto), foglietto per intervenire, penna (uguale a quella che regala il bombolaio sotto casa), altra cartelletta in carta (qui dentro, penso, ci sarà qualcosa di importante) con la scritta “I Care”, 1° Congresso dei DS; infine sotto, in azzurro, leggo: COMUNICAZIONI DELLE AZIENDE. Come!? C’è Montedison, energia per il progresso, Gruppo FALK per l’ambiente, Fiat per la scuola (?), Banca S.Paolo. Non voglio aprire un conto corrente, per cui smetto di leggere.
INTERVENTI: Uno su tutti, quello del segretario. In 2 ore e 15 minuti, ci ha spiegato, tra le altre cose, che: 1) Non siamo comunisti ; 2) Togliatti ha detto delle cose cattive su Rosselli e non doveva farlo; 3) Berlusconi fa schifo (e qui giù gli applausi) ; 4) Ci vuole bene; 5) Ce ne deve assolutamente importare di qualcosa ; 6) I bambini non nascono sotto i cavoli e nemmeno i partiti.
CITAZIONI: Quelle a valanga di Walter Veltroni: da Bobbio a Primo Levi, da Calvino a Eco, da Ian Palach al Papa. Un delegato dice di aver sentito la formazione della Nazionale che vinse i Mondiali dell’82, ma non sarebbe pronto a giurarlo. La più elegante: Gadda, il divino ingegnere, citato da Cofferati.
MUSICA: Alla consolle, Walter Veltroni. Ti accolgono le note di “IMAGINE”, poi “THEY DANCE ALONE” di Sting, infine “LA CANZONE POPOLARE” di Fossati. La musica di Ennio Morricone fa sorgere una disputa accesa tra compagni; si formano due schieramenti: uno sostiene che si tratti di “C’era una volta il West”, l’altro “Per un pugno di dollari”. Un temerario decisionista si alza e si reca a chiederlo all’organizzazione: era “C’era una volta il West”.
Ma la gente si alza in piedi per “L’INTERNAZIONALE” e batte le mani (c’è ancora un po’ di rosso nell’anima, tendente al rosa shocking ma c’è). Infine l’Inno di Mameli, ci alziamo tutti, e vogliamo anche cantare, ma dopo “dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa...”, nessuno sa più le parole, come i giocatori della Nazionale.
INTERNET: Dentro la cartella del delegato c’è la simpatica cartolina che riproduce l’home page del sito dei DS . Nello stand appositamente allestito ci sono una decina di computer collegati in rete. Ogni giorno in diretta audio-video del congresso. CLICCA A SINISTRA! (non me lo sto inventando, era scritto proprio così).
FILMATI: A Veltroni piace il cinema, ed ecco che il primo giorno ci becchiamo un filmato commovente sulla fame in Africa, un filmato ricordo su Nilde Jotti (Togliatti si vede di striscio). Ma l’apoteosi si tocca domenica, con il filmato del secolo, dopo l’Internazionale e prima di Sting. C’era di tutto: Togliatti e Topolino, Gramsci e Totò, Calvino, Pirandello, Chaplin, il Papa (c’è n’era più di uno), Battisti e De Andrè, Che Guevara (applaudito, Hasta Siempre, Veltroni!).
Le immagini scorrevano veloci (come in quei cartoni animati giapponesi sotto accusa perché fanno venire le convulsioni), la musica aumentava il pathos. E mentre un giovane compagno si lamentava dell’assenza di Mazinga e Gig Robot d’Acciaio, che pure combattevano per gli oppressi e contro gli alieni malvagi, io mi chiedevo: “Dove ho già visto questa scena?”. Alla fine mi sono ricordata: “Arancia Meccanica”, di Kubrick (c’era anche lui nel filmato). Mancava solo l’attrezzo per tenere aperti gli occhi e l’uomo che ti mette il collirio.
Ultima immagine: la schermata del computer, con rumore metallico in sottofondo. Per fortuna dopo c’è Sting.
STING:Non è uno slogan veltroniano, ma il cantante, lui in carne ed ossa, venuto a chiudere il congresso. Arriva, scortatissimo, e infila tre canzoni una dietro l’altra (“They dance alone”, “Fragile”, “Message in a bottle”) ad una platea felice e giubilante, che alza in aria i cellulari per far sentire a quelli che non ci sono cosa si sono persi “Ciao, ti faccio sentire una cosa (alza il telefonino, poi lo riporta all’orecchio). Sentito? No, non è Veltroni, no, neppure D’Alema, è Sting che canta!”.
THE END: Il congresso è finito, sciamiamo tutti quanti dal Lingotto verso i rispettivi mezzi di locomozione. Saliti in macchina, il compagno al volante chiede al compagno con la cartina dove deve girare per imboccare l’autostrada che ci porterà a Genova, per imbarcarci. Mi viene da dirgli: “Clicca a sinistra”, ma il compagno con la cartina mi precede e dice “Vai diritto, prendi per Alessandria”. N