Se il numero ha fatto gridare ad un concorso lotteria, non meno forti sono le preoccupazioni di chi sostiene che in cattedra non andranno i migliori.
Quest'ultimo aspetto viene ritenuto da tempo il problema dei problemi, in diretta relazione con la "modesta" qualità della nostra scuola.
È da tempo che i docenti sono nell'occhio del ciclone non tanto e solo per quelli che devono arrivare, quanto per quelli che sono già in cattedra. Su di loro si stanno scaricando tutte le tensioni e le pressioni del sistema scolastico, dei genitori, degli studenti, del sistema produttivo e, infine, della società che chiede professionalità e serietà nella prestazione. Secondo gli esperti, gli insegnanti, soprattutto quelli delle medie e delle superiori, hanno una buona preparazione culturale, ma poco hanno fatto sul piano pedagogico e psicologico; inoltre, nella categoria seppur pre- senti punte di aristocrazia, ciò che manca è lo stato intermedio di chi si è appiattito nel quotidiano didattico senza qualità particolari, anche se senza demeriti.
Dopo anni di inspiegabili rinvii, ora tutto il processo .di attuazione dell' autonomia può contare su una risorsa (il CEDE) rappresentata da un sistema nazionale di valutazione dei processi, di comparazione dei dati e dei risultati, di consulenza e di verifica.
Per il momento si ha l'impressione che tale organismo sia orientato, per le stesse dichiarazioni del suo direttore prof. Vertecchi, più alla verifica e valutazione dei livelli cognitivi piuttosto che agli squilibri strutturali e all'efficacia dei processi organizzativi e didattici. I pericoli, in tal caso, sono il monitoraggio del sistema scolastico per disegnarne la mappa delle diverse velocità, mentre le finalità dovrebbero essere ben altre, quale ad esempio il supporto da offrire ad ogni singola scuola, in difficoltà e non solo, di fronte al cambiamento. Questa non è questione di poco conto, per quanto il ministro Berlinguer cerchi di rassicurare il corpo docente. È ormai nei fatti che il valutatore sarà sottoposto alla valutazione. Non credo che gli insegnanti, per quanto nel primo impatto creerà sicuramente qualche inquietudine, siano contrari a che ciò avvenga. Anzi, si spera che così vengano meno gli strali confindustriali sulla categoria, considerata da sempre una casta di privilegiati "su cui non vie ne esercitato alcun controllo sulla produttività(!)". Non vanno sottovalutati i risultati dell' ultima tornata contrattuale che ha innescato forti elementi di conflittualità nel corpo docente e che inizieranno a manifestarsi all'inizio del prossimo anno e soprattutto se verranno confermate quelle ipotesi di progressione di carriera, all'interno dell'integrativo. Una cosa è certa che per giustificare le briciole d'aumento stipendiale si è ricorso alle solite alchimie all'italiana, sconfinando nel '" ridicolo e in una perdita di senso generale.
Bisogna prendere atto che mai come oggi il ruolo dei docenti è stato così sottostimato nell' immaginario collettivo. Ne è una riprova che se gli insegnanti della scuola pubblica italiana sono i meno pagati d'Europa. Per la verità non ri- dono neanche quelli della scuola privata che tratta i suoi docenti peggio di quanto faccia lo Stato con i propri. In perfetta controtendenza di quello che succede in tutti gli altri Paesi. Crisi di identità degli insegnanti? Può darsi. Ma è anche vero che, per uscire dagli equivoci e dai soliti rituali dei buoni propositi, le retribuzioni degli insegnanti italiani sono l'indicatore, forse meno noto ma più vistoso, dello scarso peso che viene assegnato alla formazione.
Intanto l'insostenibile pesantezza dei compiti si scontra ormai con l'insostenibile leggerezza della busta paga. Ma ciò che preoccupa è l'invisibilità della categoria.
