In tal modo al bellicoso Marte fu anteposto il pacifico Giano, che veniva raffigurato con una chiave in mano, con la quale apriva e chiudeva le porte dell' anno. Il suo nome deriva infatti da janua (porta), e noi Sardi, che siamo molto conservativi nella lingua, chiamiamo ancora oggi janna la porta di casa.
Una leggenda ricorda che fu il mite Numa Pompilio a volere questo spostamento di mesi, forse perché amava la pace. Durante il suo regno pare che le porte del tempio di Giano restassero sempre chiuse, proprio per rappresentare i benefici che si traggono dalla pace. Ma la storia ha date precise e in realtà tale spostamento pare sia avvenuto nel 153 a.c. quando era console Q. Fulvio Nobilione. Ovviamente non tutti i popoli furono d'accordo con i Romani, e perciò continuarono a usare a lungo i loro antichi calendari.
Men che meno furono d'accordo i Sardi che forse già da prima del periodo romano costumavano far principiare l'anno in settembre. Imperterriti continuarono la loro tradizione, tant' è che ancora oggi chiamiamo questo mese capidanni (caput anni).
Giano, dio prettamente romano, che non trova riscontro tra le divinità greche, fu dunque quello che trasse il suo nome da janua. Era considerato infatti il protettore delle porte, pertanto la sua collocazione al principio dell' anno, come colui che apriva la porta al nuovo anno e la chiudeva al vecchio andava benissimo.
Veniva raffigurato come un'erma bifronte: una faccia guardava all'interno delle case e della città e l'altra all'esterno per proteggere da eventuali nemici.
Il suo tempio aveva le porte chiuse in periodo di pace e aperte in tempo di guerra. Sicuramente moltissime generazioni di Romani non le videro mai chiuse, giacché questo popolo non aveva mai pace essendo sempre impegnato tra una guerra e l'altra. Colui che poté vantarsi di aver chiuso il tempio di Giano per ben tre volte fu Au- gusto, che aveva instaurato un lungo periodo di pace e conseguentemente aveva fatto erigere una statua al dio bifronte.
Quando il mese di gennaio, januarius, iniziava i suoi giorni, le donne romane speravano che il dio inaugurasse un periodo di pace, ma in realtà questo accadeva assai raramente. Pare che nell' arco di ottocento anni il tempio sia stato chiuso soltanto sei volte. La prima volta fu naturalmente durante il regno di Numa Pompilio, la seconda volta accadde alla conclusione della I guerra punica, altre tre volte durante l' impero di Augusto e la sesta volta quando governava Nerone.
Si dice che gli ultimi tre giorni di gennaio siano i più freddi dell'anno. Una leggenda italiana li chiama "i giorni della merla", perché quest'uccello, dopo le secche, sicuro che il freddo fosse ormai passato, aveva fatto il suo nido su un comignolo; ma il camino, per il gran freddo, venne riacceso e le piume dell'uccello, che prima erano bianche, da allora cambiarono colore diventando nere.
I Sardi però la raccontano in altro modo: un pastore orgolese, che s'era goduto le secche con il suo gregge, visto che ormai il mese volgeva al termine, si vantò di non aver avuto alcun danno da gennaio, salvo un agnellino zoppo, perciò fece l'insolente cantando: "Andau ch' est jannarju/senza perun' irvarju/pezi un' anzone thopu. /Hussu cravadilu in s'ocru!"
Ma gennaio volle punire la sua insolenza e chiese tre giorni a febbraio. Furono tre giorni di neve e gelo e il gregge del pastore andò interamente distrutto.