In un certo senso, questo è un discorso che vale ovunque: ho sentito spesso gli studenti universitari sardi lamentarsi delle difficoltà incontrate per inserirsi e per fare amicizia a Firenze. "I fiorentini sono molto chiusi", dicono. Ma i sardi allora? Dove sta la famosa ospitalità se la chiusura è la stessa? A questa anzi si aggiunge la diffidenza, la atavica paura de "s'istranzu, che non consente di riconoscere negli altri, differenti per modi, tradizioni e cultura, quello che non siamo o non riusciamo ad essere. Sotto altra forma questo è un problema che si manifesta anche nella preferenza a frequentare conterranei anche fuori dall' isola piuttosto che cercare di confrontarsi ed aprirsi a nuove amicizie con bolognesi, milanesi, fiorentini o chi per loro. Sembrerebbe che il sardo abbia paura di perdere la sua "sardità" o anche solo di renderla ibrida con usanze di altre culture. È un a paura inutile; la "sardità" non è un fatto superficiale (folc1oristico o delimitato territorialmente), non è pelle di serpente che si possa perdere, no, è qualcosa di viscerale, non qualcosa che ci portiamo sulle spalle, ma qualcosa che ci tiene lei da dentro.
Cosa dire, comunque. delle difficoltà incontrate sa alcuni ragazzi che, venuti in vacanza nella nostra isola, tentano di fare amicizia con i locali e questi riescono, con la loro ospitalità appunto, a mettere in seria difficoltà "gli invasori del continente che vengono a sporcare le nostre spiagge e a conquistare le nostre donne" (queste e altre banalità si sentono ripetere comunemente e non mi pare siano proprio indice di ospitalità). Alcuni ragazzi di Parma, non più di due mesi fa, hanno rischiato di prenderle per aver guardato in faccia qualche istante più del dovuto ("abbassa lo sguardo!") un brutto ceffo, peraltro caratteristico, imbottito di birra e con gli occhi che spuntavano fuori dalla barba. Dietro questo atteggiamento sembra di leggere una sorta di xenofobia sociale che si esprime naturalmente attraverso la prevaricazione e che, con una logica rituale e collettiva, si abbatte sul singolo, non omologato al gruppo, colpito a caso nel mucchio. Amici di Nuoro hanno spesso ripreso me e la mia ragazza perché frequentavamo torinesi, milanesi o parmigiani e perché in spiaggia stendevamo i nostri asciugamani vicino ai loro piuttosto che stare in "cricca". Ribadisco: i sardi sono ospitali e gentili con chi entra nel loro giro e accetta le regole del gioco C'cola ca ti cumbido" èuna di queste, ma, e se non sei abituato a bere...?) ma con gli altri si comportano in maniera ostile, ostilità che spesso travalica la semplice diffidenza. È poi vero che se riesci a essere accettato dalla gente del posto, probabilmente non pagherai un giro al bar e sarai invitato a tutti gli "spuntini" per il resto della tua permanenza in Sardegna, e ci saranno molte persone disposte ad aiutarti qualunque problema tu possa avere, ma non mi sembra che questa sia un' esclusiva peculiarità dei nuoresi o dei sardi. Ho conosciuto gente molto ospitale a Milano, a Roma o a Bologna, così come a San Francisco, persone che hanno messo a disposizione la loro 'casa, la loro macchina, la loro tavola e l loro tempo per me e per i miei amici senza chiedere niente in cambio, forse con atteggiamento meno formale ma altrettanto disponibile.
L'ospitalità, si manifesta in tanti modi differenti ed è sbagliato aspettarsi che certe nostre abitudini si debbano trovare anche nelle popolazioni di altre regioni. Un mio amico di Nuoro si lamentava perché a Milano non c'è l'usanza, da parte di chi ha la macchina, di accompagnarti a casa dopo una serata passata fuori. Non mi pare sia la stessa cosa andare da Via Convento a Viale Costituzione, o da San Siro a Piazzale Lodi. Non si può pretendere di vivere "alla sarda" anche a Milano ("tott'unu la nostra salsiccia!). Non ho mai sentito un veneto confrontare con tono di superiorità la propria soppressa alla nostra salsiccia un piemontese disprezzare il corposo vino sardo perché proviene da un paese produttore di vini quali il dolcetto, il barolo etc...
C'è poi un corollario a questo discorso che riguarda non tanto l'ospitalità vera e propria quanto l'accoglienza che la nostra isola dà ai turisti. Tralasciando le condizioni di viaggio sulla Tirrenia e i costi della Meridiana (da Milano si paga meno per andare in Inghilterra che per venire in Sardegna), che non è il caso di analizzare in questo contesto, una volta messo piede sulla nostra terra, il turista si trova già in difficoltà nel cercare di capire quale autobus deve prendere e da che punto lo deve prendere per raggiungere la località di destinazione. Le coincidenze con i traghetti saltano spesso e volentieri, le informazioni sono il più delle volte imprecise e, considerando che da noi i treni non esistono, è facile per il turista provare un senso di spaesamento. Forse poi, arrivato faticosamente a destinazione, lo stesso turista, accecato dalla bellezza delle nostre coste e dai colori del nostro mare, si lascerà cullare dalle onde o si assopirà nella brezza pomeridiana respirando il profumo della macchia mediterranea e pensando che ogni cosa porta con se un prezzo da pagare e che il suo non è stato poi così grande. Hemingway diceva spesso di amare più i paesi in cui era stato della gente che vi abitava. Mi spiacerebbe che succedesse anche a chi viene qui di amare la Sardegna per le sue spiagge, per le sue campagne, per i suoi odori, più che per la sua gente.