O burocrati che in ogni epoca avete percorso la Zona Industriale di Prato Sardo per giudicarla nella corsa vertiginosa di un automobile o dal finestrino di un treno, sia pure non velocissimo, confessate, almeno, che non ne avete mai capito nulla dei nostri dolori e dei nostri bisogni vitali. Parafrasando “La Questione Sarda” di G.M. Lei-Spano potrebbe cominciare a dirsi di Prato Sardo.
La realtà economica privata più importante del centro Sardegna è pressoché sconosciuta.
Non è facile spiegare in poche righe una situazione che da anni involve lentamente e silenziosamente così vicino eppur così lontano. Qui, a pochi passi dalla nuova periferia di Nuoro, a ragguardevole distanza dai pensieri di una distratta amministrazione comunale, la Z.I.R. prato sardo continua ogni giorno la propria battaglia. Lavoro, sudore e fatica per portare avanti un mestiere che da queste parti non conosce tradizioni né, purtroppo, tutele.
La nostra Z.I.R. comincia con un fiume, una strada e un manipolo di sognatori. Sono loro i primi che, guadato l’ostacolo e “annusata” l’aria, decidono di provarci. In quel periodo, siamo sul finire degli anni 70, l’economia di impresa era un misterioso oggetto di cui diffidare. Nonostante la Regione Sarda lanciasse proclami, chiedesse il rilancio e promuovesse il “progresso industriale” erano pochi quelli che avevano il coraggio di scommettere. I primi tempi non furono facili. Eppure, mese dopo mese, giorno dopo giorno, la campagna cambiava il proprio aspetto e, quasi benevolmente, lasciava posto e spazio alle nuove imprese che, sostenendosi l’un l’altra, si insediavano.
Il dato numerico dice che oggi nella Zona operano centottanta aziende per un giro di affari di svariati milioni di Euro e circa duemila stipendi al mese su una popolazione, quella Nuorese, di 30/35 mila persone. Basterebbe questo per capire l’importanza dell’argomento. La matematica piega le resistenze più forti, consente gli equilibri e stabilisce le regole. Eppure anche questa deve arrendersi di fronte alla “logica” che purtroppo governa le coscienze di taluni e gli impedisce di soppesare i valori.
Prato Sardo è una Zona Industriale di Interesse regionale. Questo comporta che all’interno vi sia “insediato” un Consorzio Industriale partecipato da Comune, Provincia, Regione e Camera di Commercio. Le decisioni relative all’assegnazione dei lotti e alla gestione dell’ordinario sono lasciate a quest’ente. Nato con il preciso compito di “gestire” al meglio la Z.I.R., in realtà, in quanto doppione di Istituzioni già presenti sul territorio, non ha fatto altro che complicare le cose. Ma il Consorzio non è certamente il vaso di Pandora e, benché responsabile di molti disservizi, sopprimerlo, come pare nelle intenzioni della Regione, non varrà da solo a risolvere i problemi.
Non so quale senso potrebbe avere, agli occhi di chi legge, un j’accuse che ripercorresse, senza pietà per la penna e il foglio, le dimenticanze e i torti in danno degli operatori di Prato Sardo. Credo, piuttosto, sia opportuno utilizzare al meglio questa “finestra” e, a meno di non voler soffocare in una stanza chiusa, raccontare anche quanto di buono si è fatto. L’intenzione è tenere viva l’attenzione dei lettori almeno fino a far comprendere che la Z.I.R. prato sardo non è una balena arenata agonizzante. Non attende l’intervento di questo o quel politico ne dall’alto spera la discesa di un salvifico contributo statale. Prato sardo avanza e lo fa con la dignità e la consapevolezza del proprio sacrificio.
Certamente le difficoltà e gli ostacoli non mancano.
Il Consorzio, di cui un breve accenno, è solo la punta di un iceberg che vede alla base una sostanziale mancanza di dialogo e considerazione a tutti i livelli. Dal Comune alla Provincia, Prato Sardo ha sempre costituito la croce e la delizia di tutte le Amministrazioni. Certamente un territorio non facile, delle problematiche talmente particolari da richiedere spesso interventi mirati, quasi ad hoc. L’economia mischia le carte e confonde le idee mescolandosi con sistemi allargati o, come oggi si usa, globali. Immaginate l’impatto in un territorio fragile e con problemi endemici.
Non perdiamoci, occorre fare chiarezza sul metodo e procedere con ordine.