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L'insostenibile indecenza di certa politica
 
All’indomani delle elezioni regionali che avevano portato alla presidenza della Regione Renato Soru, molti sardi avevano scommesso che gli elementi di novità introdotti nel rapporto cittadini-partiti sarebbero stati irreversibili, e il ritorno al passato impossibile.
Alla luce di quanto accaduto nelle candidature per le prossime elezioni amministrative, quella scommessa è stata persa.
È stato proprio Soru il primo ad aver voltato le spalle al cambiamento; per essere indulgenti nei suoi confronti, diciamo che, in generale, ha svolto un ruolo di semplice notaio di decisioni prese dalle tanto vituperate segreterie dei partiti; in altri casi, come quello nuorese, ha addirittura posto in essere pressioni affinché il suo Movimento non modificasse lo status quo.
Il risultato che emergerà, qualunque esso sia, non rafforzerà la sua azione di governo, piuttosto ne ha indebolito la credibilità e la spinta innovativa; avere alla guida degli enti locali “i soliti noti” sarà per lui un impedimento e non un sostegno all’azione radicale di cambiamento di cui la Sardegna ha drammatico bisogno.
Ma quello di Soru non è che l’ultimo dei voltafaccia di questi mesi. Se c’è un minimo comune denominatore che associa destra e sinistra, partiti grandi e piccoli, volti vecchi e nuovi della politica, è la marcata tendenza a fare dell’incoerenza il pane quotidiano. Roberto Deriu arriva alla candidatura a Presidente della Provincia dopo un blitz consumato nelle segrete stanze del suo partito, designato, così riportano le cronache, da 13 componenti della Direzione della Margherita; eppure per mesi aveva propagandato le primarie, la necessità di scelte democratiche che coinvolgessero tutto il popolo del centrosinistra, aveva addirittura svolto un referendum interno in cui il 98% del suo partito si era dichiarato a favore della consultazione popolare col chiaro intento di mettere in discussione la ricandidatura di Mario Zidda; morale della favola: Zidda riproposto senza alcuna valutazione preliminare, Licheri (favorevole alle primarie) “trombato” senza neanche un briciolo di giustificazione.
I DS, inizialmente contrari a Deriu e favorevoli alla riconferma di Licheri, si sono rimangiati tutto pur di incassare il sostegno a Zidda; se poi sarà un sostegno leale lo scopriremo dopo il voto. È riuscito a rimediare una figuraccia anche il neo consigliere regionale Paolo Maninchedda; da molti mesi andava in giro predicando discontinuità di metodo e persone e poi, invece, lo ritroviamo accodato a quel Deriu, vero protagonista dello strapotere dei partiti.
Nel centrodestra si respira la stessa aria viziata; Roberto Capelli (UDC) e Silvestro Ladu (Fortza Paris) avevano pubblicamente espresso il proprio consenso alla candidatura di Giuseppe Tupponi a Sindaco di Nuoro; li scopriamo invece candidati del centrodestra, uno alla presidenza della provincia, l’altro (Capelli) addirittura in campo in opposizione a Tupponi. Vatti a fidare!
In questo non esaltante contesto devono essere rimarcate le coerenti prese di posizione dello stesso Tupponi, che ha resistito ai tentativi di strattonamento che provenivano da più parti, e si presenta ai cittadini con una lista civica che rappresenta l’unica vera novità di questa campagna elettorale, e di Rifondazione Comunista, che ha avuto il coraggio di andare fino in fondo nell’opposizione alla candidatura di Roberto Deriu, rinunciando alla probabile presenza nel governo provinciale ma salvando la faccia.
Certamente curiosa e originale è la candidatura a Sindaco di Leone Soddu, che chiede voti solo per se stesso ma non per la sua lista, composta di persone che “non si devono votare neanche loro”; è possibile qualcuno immagini di fare il Sindaco senza avere nessun consigliere legato alla sua lista?
Per il resto si registrano solo occasioni perse; nel centrosinistra l’Ulivastro per adesso è solo un nome, e le distanze tra i partiti aderenti appaiono ancora grandi. Il neo segretario regionale dei DS Calvisi ha scoperto solo il giorno della presentazione delle liste che forse sarebbero state meglio le primarie; se ne scorderà presto e comunque prima delle candidature al Parlamento.
Nel centrodestra sardo fatica a emergere nuova classe dirigente, prova ne sia che la maggior parte dei candidati ai ruoli apicali sono parlamentari o consiglieri regionali; è il sintomo di una politica sempre più incentrata sulle leadership, che confonde la partecipazione politica con la fedeltà al singolo; l’estremizzazione di questo fenomeno è la situazione di Forza Italia in provincia di Nuoro; all’indomani della non elezione di Pietro Pittalis in Consiglio Regionale, il partito si è sciolto come neve al sole, ed infatti nel capoluogo della Barbagia per presentarsi è stato costretto a fare una lista civica insieme ad AN e Riformatori; per il partito di Berlusconi non è certo una bella figura.
Sardigna Natzione e IRS continuano la loro battaglia in solitudine; rappresentano nicchie di elettorato poco numeroso, ma convinto dell’idea che la “nazione sarda” non possa essere solo uno slogan elettorale, ma debba trovare contenuti e risposte; purtroppo il sistema elettorale non li premia e finché perdura questa legge elettorale dovranno sempre scegliere tra l’annacquarsi in una delle due coalizioni o fare semplice testimonianza.
Una cosa è certa, finora non si è minimamente discusso di programmi, altrimenti l’imbarazzo sarebbe stato grande; non è infatti trascorso molto tempo, per esempio, da quando la Margherita (che oggi dovrebbe sostenere Zidda) ha affondato la proposta del sindaco uscente di approvare il piano regolatore, ha contestato duramente l’inaugurazione dell’Eliseo, ha messo in discussione la gestione dell’Università.
I programmi presentati da candidati Sindaci e Presidenti sono frutto di elaborazioni personali dell’ultimo momento, non concordate con gli alleati e quindi suscettibili di contestazione dal primo giorno di futuro governo; sono stati presentati per mero obbligo di legge, ma a nessuno verrà in mente, a fine mandato, di chiedere conto del confronto tra programmi ed effettive realizzazioni.
Da questo punto di vista la politica rimane immutabile nella sua indecenza.
E poi ci si domanda perché i cittadini non hanno fiducia nelle istituzioni e non credono a chi le guida.
NUMERO /1
Anno 2005, n. 1
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