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Orizzonti di gloria
 
Appunti per una politica culturale cinematografica in Sardegna
Parlando di cinema in Sardegna tutti negli ultimi tempi sospirano, nonostante il disincanto atavico ed una sana diffidenza, che qualcosa (eppur) si muove. Lo dicono registi intellettuali, letterati, politici, giornalisti, operatori e affini.Pare che ci siano tutti: non manca nemmeno il pubblico cristallizzato e orientato dalla segnaletica del mercato.
Ma la tempesta di parole che in queste ultime settimane anima le pagine dei quotidiani, gli organismi istituzionali regionali e lo scenario culturale, ci induce a sospettare che non si tratti del solito ricorrente flatus vocis.
E questo ci d fiducia. Registi attori produttori critici giornalisti operatori stanno riprendendo la parola per affermare e dire al mondo politico, onorevoli assessori governatori politici partiti opposizioni, che necessario un intervento che dia respiro ad un settore allo sbando. Ma bene ricordare che questa pioggia di discorsi, interviste, dichiarazioni recentissimi - mancano solo gli appelli - cade sul bagnato. Nulla accade per caso.
In questi ultimi anni si affacciata alla ribalta una buona produzione, per quantità e qualità, di film sardi (di autori e ambienti sardi).
La Regione sarda (o meglio alcuni esponenti della precedente legislatura) ha guardato con un certo interesse, ma senza grande sforzo e convinzione, ai film che in questi anni hanno saputo destare l’attenzione e persino l’ammirazione del pubblico fuori e dentro l’isola. Ma il mondo del cinema quanto mai magmatico e composito: non ci sono solo i film. Negli ultimi due anni un effervescente crogiuolo di intelligenze che si agitano e orbitano intorno alla terra mai immobile (inferma?) del cinema, sempre in continua dissolvenza e risolvenza, si organizzato e ha prodotto un movimento di opinione e di dibattito, chiamato “Coordinamento Regionale per il Cinema in Sardegna”, il cui lavoro si sintetizzato in una bozza di legge sul cinema per la Sardegna. Una teoria di articoli che ha sicuramente dei difetti, ma che ha il pregio di raccogliere lo sforzo, la volontà e l’impegno di tutti i componenti che vi hanno partecipato: registi, sceneggiatori, scenografi, fotografi, attori, produttori, critici, esercenti, cinetecari, circoli del cinema e associazioni.
Un fronte ampio e rappresentativo che ha discusso e sintetizzato una proposta che un contributo discutibile ma ineludibile. Per non restare indietro anche altri gruppi, decisamente più ristretti, hanno lavorato e le proposte si sono giustamente e fortunatamente moltiplicate, a dimostrazione che gli interessi parziali sono sempre latenti e pronti ad emergere per sottolineare, implementare, distinguere e potenziare. E in questo scenario non bisogna dimenticare il ruolo che la Società Umanitaria - Cineteca Sarda ha sempre svolto nel valorizzare ogni segmento del mondo cinematografico, con le sue attività di sostegno, di promozione, di recupero, di formazione, di incentivazione di tutti i soggetti che operano intorno a quell’oggetto del desiderio che il film, così determinante oggi per la costituzione di una soggettività consapevole del proprio tempo.
Il Coordinamento aveva strutturato la sua proposta intorno all’idea centrale della necessità di una legge sul Cinema definita da alcuni punti forti: la necessità di interventi volti a promuovere e favorire la produzione del cinema in Sardegna, sostegno a chi opera nell’ambito della diffusione della cultura cinematografica, interventi per la formazione di tecnici e lavoratori del cinema, l’istituzione di una Film Commission e la definizione di una assetto istituzionale per la Cineteca Sarda, esistente di fatto ma non formalmente.
Con la nuova giunta regionale guidata da Renato Soru, costituitasi in seguito alle elezioni regionali 2004, si aperta una nuova fase per tutti. La vecchia giunta non aveva ormai né le carte in regola né il tempo necessario per avviare un processo in grado di concludersi con una Legge, ma questo nuovo governo pare che abbia delle idee in proposito. In questi mesi sulle pagine dei quotidiani sardi si sono avvicendati molti e diversi interventi di registi, attori, critici, produttori e quant’altro, tutti all’inseguimento di un “progetto cinema” che la nuova Giunta starebbe elaborando, come dimostrano le dichiarazioni di tutti, comprese quelle dell’Assessore alla Cultura Elisabetta Pilia. Il condizionale d’obbligo: di sicuro ci sono soltanto le parole.
Alcuni interventi hanno sottolineato l’importanza di una Film Commission (Antonello Grimaldi e Sante Maurizi), capace di attirare produzioni in Sardegna, e quindi di creare nuova occupazione, di diffondere ancora di più un’immagine catalizzante della nostra isola. Ma ogni discorso che punta a centralizzare un aspetto rischia di essere riduttivo e - a lungo termine - controproducente.
Lo sottolinea con molta acutezza Salvatore Mereu, quando fa notare che non un ufficio contestualizzato a creare una cultura del cinema, ma una cultura del cinema contestuale che definisce la necessità di una Film commission. Per questo motivo il modello torinese di Film commission, tanto evocato dai più, non funzionerebbe tout court in Sardegna perché funzionale ad un contesto diversissimo. Questa forma di ragionamento logico non una scatola vuota perché ci dice che se puntiamo solo su un aspetto risolutivo del problema perdiamo di vista il contesto e se perdiamo di vista il contesto non diamo alcuna risposta feconda e quindi capace di disegnare orizzonti, delineare prospettive, stimolare idee, aprire possibilità di reale crescita collettiva.
Questo discorso vale dunque per la film commission e per ogni tentativo che privilegi gli altri aspetti parziali.
Persino il partire dal nodo fondamentale della Cineteca Sarda della Società Umanitaria risulterebbe riduttivo, nonostante il ruolo guida che essa, dagli anni Sessanta ad oggi, ha avuto nel promuovere la cultura cinematografica in generale e nel programma di valorizzazione del patrimonio audiovisivo relativo alla Sardegna. Il nuovo governatore e l’assessore alla cultura sanno bene che ogni progetto serio non può che muoversi a partire dalle risorse umane e dal capitale culturale accumulato e consolidato.
Quindi non solo una Cineteca Sarda già esistente che la nostra Regione (in clamoroso ritardo rispetto a tante altre regioni italiane, che da anni hanno una Cineteca regionale e/o una legge sul cinema) dovrebbe apprestarsi a valorizzare e potenziare acquisendone la struttura (servizi bibliotecari, audiovisivi, conservativi e organizzativi) e senza disperdere il lavoro straordinario che Fabio Masala e il Centro di Servizi Culturali hanno costruito in tanti anni.
Il capitale anche costituito da una rete di piccole imprese produttive che hanno acquisito professionalità, di associazioni culturali che hanno diffuso il cinema sardo e non, di registi e professionisti che hanno alzato il livello qualitativo della nostra capacità artistica, di esercenti e operatori che con entusiasmo rispondono con sacrifici alla domanda crescente di cinema e cultura. Questa la realtà del cinema in Sardegna e da qui si deve partire per alzare il livello di crescita possibile e allargare l’orizzonte della memoria culturale audiovisiva, cioè quel patrimonio del visibile (i film) e dell’invisibile (gli operatori) oggi pericolosamente bloccato nonostante i recenti successi del nostro cinema.
La politica - quando sana politica - sa guardare alla realtà delle cose per organizzarle, armonizzarle, ottimizzarle, valorizzarle. E a tale proposito dovrebbe incontrare i soggetti coinvolti.
Sappiamo che in quest’ottica intendono muoversi il nuovo governatore e l’assessore.
Restiamo in attesa.
NUMERO /3
Anno 2004, n. 3
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