Il listino di Sardegna Insieme, che propone Renato Soru come presidente della regione Sardegna, è composto solo da donne, sette su sette. Non il 40, non il 50 ma il 100%.
Ora, bisogna ammetterlo, ad ogni tornata elettorale puntuale come i servizi sulle diete nei telegiornali primaverili, ecco che rispunta la “questione femminile”. In genere, si comincia con il ricordare che le donne costituiscono il 52% dell’elettorato, che portano a compimento gli studi in tempi più brevi dei maschi, che occupano posizioni sempre più prestigiose all’interno della società. Poi si finisce per contare le donne che effettivamente siedono in consiglio regionale e ci si accorge che, guarda un po’, il conto non torna. Come ultimo atto ci si cosparge il capo di cenere, si dice dobbiamo candidare più donne e si proclama solennemente “donne, votate per le donne!”.
Insomma, facendo il punto della situazione alla luce degli ultimi sviluppi: è da decenni che lavoriamo nei partiti per avere una visibilità che non sia solo di maniera ma che porti finalmente più donne nei posti che contano (non solo le pari opportunità, per intenderci) e questi, così di punto in bianco, ecco che ti presentano una lista che gioca sapientemente ed esclusivamente con i toni del rosa (come direbbero su Vogue Moda).
E come, lo mollano così il potere? Dove sta la fregatura? Perché quell’odore lieve e persistente di strumentalizzazione c’è, hai voglia di star lì a spruzzare deodorante. Si prende un tema importante e molto sentito come quello della partecipazione delle donne alla vita politica, lo si smussa per eliminare tutti gli spigoli, lo si “qualunquisticizza”in onore ad un modo di fare politica che ama gli slogan ma ha qualche difficoltà quando deve tracciare dei piani d’azione precisi, ed ecco che si distoglie sapientemente l’attenzione dai contenuti che, diciamocelo, fino ad adesso hanno i contorni sfumati dei paesi immersi nella nebbia in Val Padana.
Devo dire però che la cosa in se, questo fatto della lista tutta di donne, mi ha reso contenta. Irrazionalmente contenta, se vogliamo. Nonostante l’allergia ai facili entusiasmi. Nonostante i ragionevoli discorsi del tipo “non è questione di sesso, ma di capacità”. Giusto. “Uno deve votare la persona e le idee che rappresenta”. È vero. “Per fare politica ci vogliono palle” Giusto, per fare politica ci v… No, un momento, rewind… Cosa?
Per fare politica ci vogliono palle. Dicasi slogan elettorale letto su manifesto di candidato cagliaritano alle regionali (centro destra, per la cronaca), il quale ha tappezzato la città con il suo faccione e il suddetto slogan. La foto lo ritrae mentre regge con una mano una rete piena di palloni da calcio.
Questa sana spruzzata di machismo alla “Io Tarzan, tu Jane!”, mi impone di non terminare il mio discorso sul ruolo attivo e innovativo della politica al femminile e sulla novità rappresentata dalla lista tutta di donne per cercare di rispondere ad una più pressante domanda. Cosa avrà voluto dire?
Scartando immediatamente l’interpretazione letterale secondo cui per candidarsi alla regione bisogna possedere una collezione di palloni da calcio (troppo banale) ne resta soltanto una. Per fare politica costituiscono requisito indispensabile: “ciascuna delle due ghiandole costituenti i genitali maschili contenute, nell’uomo e nei mammiferi, nello scroto” (Enciclopedia di Repubblica, Dizionario Medico, vol. n. 28).
Premesso che per fare politica, come per qualsiasi altra attività umana, è necessario esercitare le capacità intellettive, queste ultime (sfatando le ricerche mediche più accreditate) si troverebbero, secondo l’autore del rivoluzionario comunicato elettorale, allocate nelle suddette.
Con buona pace di questo articolo e delle migliaia di parole e di energie spese in questi anni proprio dalle donne per cercare di conquistare uno spazio attivo nella vita politica regionale e nazionale. Perché una cosa appare certa, noi rappresentanti del genere femminile potremmo avere cultura, competenza, titoli di studio, ma quegli accessori che il candidato ormonalmente dotato ritiene indispensabili per sedere nello scranno del Consiglio Regionale non gli abbiamo né (credo) sentiamo la necessità di possederli.
Per fortuna, se anche intelligenza e una discreta quantità di buone letture non bastano a conquistare un seggio elettorale, perlomeno aiutano ad allenare il senso critico che è quello che permette di bandire dalla propria esistenza pregiudizio, povertà di pensiero, luoghi comuni e che soprattutto, mai ti farebbe dire: per fare politica ci vogliono palle. O forse basta solo il buon gusto.
Comunque, il manifesto ha tranquillamente campeggiato sui cartelloni elettorali per buona parte della campagna elettorale.
Si è attesa invano qualche smentita o una lettera di scuse che desse una qualche giustificazione, chessò… lo slogan era in realtà il frutto di una abbuffata di funghi che sembravano buoni ma in realtà erano allucinogeni (può succedere…),… noi non si voleva usare il linguaggio dei film di Pierino degli anni 70… tante scuse etc, etc, Non c’è stata.