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Opinioni che non contano. Meglio Soru che mai
 
No, non è possibile: anche i sardi vogliono il loro piccolo Berlusconi!
Da questa accorata esclamazione nasce la marcia di avvicinamento di una elettrice “di sinistra” al sostegno piuttosto convinto della candidatura del creatore di Tiscali alla presidenza della Regione Sardegna.
Una questione di stile. L’età che ho mi ha dato il privilegio di non avere mai vissuto un’ubriacatura da culto della personalità: la mia educazione “estetica” in politica ha un modello fondamentale, l’atteggiamento schivo, la riservatezza, la misura ed il rigore di un Enrico Berlinguer e la borsona della spesa dalla quale spunta un bel gambo di sedano del ministro Tina Anselmi, molto poco attenta alla linea dell’acconciatura, ma tanto piena di ordine e bellezza interiore.
Il protagonismo spettacolare, il presenzialismo, l’uomo o la donna buoni per ogni occasione, le faccione con lo sguardo perso verso un futuro orizzonte di gloria o ammiccanti all’ignaro passante, stampate su cartelloni che coprono decine e decine di metri quadrati, per me non sono solo segno dell’antipolitica, ma rendono anche il mondo più brutto e volgare.
Lo stile di Renato Soru non ha nulla a che fare con il berlusconismo: ha fatto della discrezione, della quasi assenza di immagine mediatica una regola evidente. In questo è commovente pensare alla sensibilità degli organi di informazione radio-televisiva regionale, che con tanta solerzia fanno di tutto per non metterlo in imbarazzo, non dando alcuna copertura alle iniziative che lo riguardano, se non qualche immagine da lontano e di sguincio e qualche sincopata notizia quando proprio sarebbe vergognoso non farlo.
Sarà perché dà poca soddisfazione a certo giornalismo politico ora tanto in auge: non è rampante, non è un battutaro, non fa il simpatico. Non le spara grosse durante rapide interviste, non fa la vittima, non si descrive ostaggio “dei cattivi”. Oppure più semplicemente sarà perché non sta dalla parte “giusta”, quella del padrone di turno.
Eppure è diretto ed esplicito nelle valutazioni e nei giudizi, non nega le contraddizioni, propone soluzioni concrete. Ricorda Illy, spigolosità comprese, piuttosto che Berlusconi, ed Illy si è dimostrato prima ottimo sindaco di Trieste e poi buon presidente della regione Friuli, guarda caso Regione a statuto autonomo, come la Sardegna.
Soru ha proposto una soluzione seria al conflitto di interessi: è pronto a cedere, per tutta la durata dell’eventuale mandato, il controllo di Tiscali, nonostante meno del-l’uno per cento del fatturato dell’impresa provenga dai contratti con l’amministrazione regionale. E questa non è solo, ma è anche, una lezione di stile, persino per qualche personaggio del centrosinistra, meno pronto di lui a rinunciare a posizioni non troppo cristalline.
Neanche per l’organizzazione del sito web di “Programma Sardegna” è stata utilizzata la struttura di Tiscali.
Una questione di contenuti.
Ad un convegno dell’Ulivo sull’Europa, in occasione delle prossime elezioni al parlamento di Strasburgo, Soru ha detto cose meravigliosamente di sinistra: “Melense trasmissioni televisive hanno spettacolarizzato il ritorno dei soldati da Nassiriya, quasi non fossero partiti per un posto di lavoro. Se l’Europa fosse stata più coerente e coesa, probabilmente la Brigata Sassari non sarebbe dovuta andare in Iraq… Se in Sardegna le occasioni di affermazione del proprio impegno professionale fossero maggiori, non sarebbe necessario che i nostri ragazzi imbracciassero un fucile per andare a combattere e morire”. La risposta dei segretari dei Ds, Margherita, di Rifondazione è stata un rumorosissimo silenzio.
Si fa fatica a fidarsi di chi preferisce stare zitto, quando sarebbe invece necessario prendere posizione.
Così come sembra più convincente la posizione di Soru, rigorosamente contro la cementificazione delle coste, piuttosto che quella di consiglieri comunali di centrosinistra, che votano per dare il via a faraonici insediamenti turistici, devastanti per gli equilibri ambientali (vedi, ed è solo un esempio, la Costa Turchese, la presidente Marina Berlusconi e il consiglio comunale di Olbia).
La speranza di un nuovo modello di gestione del potere.
Non va giù, la voglia di autonomia di Soru, ai politici di lungo corso, di lunga esperienza, ai campioni degli “equilibri interni”, delle mediazioni, dei veti incrociati, a quelli che hanno ancora fresco il ricordo dell’indipendente Federico Palomba, impallinato per ben cinque volte dalla stessa coalizione che l’aveva espresso, sei volte presidente ostaggio per un’intera legislatura di una maggioranza consiliare più attenta a lotte interne, nomine e carriere che non alla “politica”,.
Soru, che ogni sondaggio (ahimè, ormai pare non si possa fare a meno di citare i maledetti sondaggi) dà ampiamente vincente su qualsiasi altro candidato presidente, non vuole fare la fine dell’onesto, ma disarmato Palomba.
Ha avuto l’ardire di sottolineare che il “listino” del presidente non deve essere la sommatoria di nomi scelti dalle segreterie dei partiti, ma raccogliere personalità della cosiddetta “società civile”, magari, orribile demagogo, femminili almeno per la metà, capaci di portare competenze consolidate e riconosciute in vari settori. Una squadra del presidente, che vada a formare un gruppo non influenzato ed influenzabile da lotte di poteri e di poltrone nei partiti della coalizione.
Per il primato della politica degli apparati di partito, pur necessaria ed importante, ed ugualmente capace di portare in consiglio regionale uomini e donne in gambissima, come ci ha dimostrato la legislatura che si va a concludere (basta andare a vedere quantità e qualità dei disegni di legge presentati, per avere un’idea del livello) pare a Soru, ed a molti del popolo di sinistra, possano bastare e siano pure d’avanzo, le liste di partito.
Qualche dubbio. Non so se davvero Soru sarà capace di guidare il passaggio, da lui considerato necessario, dalla difesa perdente dei poli industriali petrolchimici di Porto Torres, di Ottana e di Sarroch, alla creazione ed al consolidamento di nuove imprese fondate sull’innovazione tecnologica. La strada è difficile e fare bene l’imprenditore non necessariamente significa saper fare bene l’uomo di governo, il politico. Del resto i dati sulla disoccupazione, la situazione del sistema produttivo, finanziario e infrastrutturale della Sardegna metterebbero a dura prova qualunque disegno, qualunque buona idea.
Fa comunque piacere poter contare su qualcuno che ha progetti non semplicistici, determinazione e, scusate se è poco, stile.
NUMERO /1
Anno 2004, n. 1
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