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Lettera ad un sindaco (inesistente?) del Parco del Gennargentu
 
Egregio Signor Sindaco, sento doveroso ringraziarLa pubblicamente per il suo deciso e convinto intervento a favore della istituzione del Parco Nazionale del Gennargentu, anche se, come Lei ama giustamente osservare, sarebbe più corretto chiamarlo Parco Nazionale della Sardegna, essendo comprese nell'area diverse regioni storiche e, data la vastità, non solamente aree montane, ma anche costiere egualmente importanti dal punta di vista ambientale.
Lei, Signor Sindaco, conosce molto bene l'ambiente naturale, non per aver studiato sui libri nomi complicatissimi di piante o di insetti endemici, bensì perchè in tempi, poi non tanto lontani, percorreva queste aree per motivi molto seri, che derivavano dalla necessita di ricavare da questo ambiente il necessario per poter vivere dignitosamente.
Lei sa bene che questo ambiente, per secoli e fino al recentissimo passato, ha costituito le basi stesse dell'economia, povera certo, ma che non ha mai prodotto sprechi, e di una cultura, a volte rifiutata, a volte esaltata, che presenta certamente connotazioni originali ed ha una dignità peculiare.
La sua esperienza, di pastore prima, di contadino poi, ha fatto conoscere, se così si può dire, i problemi dell'ambiente sulla propria pelle.
Le morfologie accidentate, il substrato geologico, i tipi di suolo, non li ha dovuti osservare solamente dal punta di vista dello studioso che viene da "fuori" o del turista, più o meno attento, che vuole o crede di percorrere luoghi selvaggi. Lei ha imparato a sue spese che il calcare più di tanto non può dare; solo la qualità del latte, che trasferisce nel formaggio gli aromi e le proprietà del timo e delle altre essenze delle piante rare, conferendo un gusto oggi raramente rilevabile, ripaga almeno in parte la scarsa quantità.
Lei e in grado di inquadrare subito i tipi di suolo dove poter seminare il grano, l'orzo, l'avena, impiantare un pezzo di vigna, coltivare un orto; Lei ha conosciuto i tempi in cui anche i suoli poverissimi, sui graniti, sui porfidi e sugli stessi calcari dovevano essere coltivati, con sacrifici oggi impensabili, per poter avere quel minima indispensabile per tirare avanti.
Lei ha conosciuto il clima; Lei ha conosciuto la pioggia improvvisa inzuppare i suoi panni di fustagno e la maglia di lana e poi scorrere sulla pelle in piccoli rivoli, ma prima di farsi da parte occorreva radunare o comunque seguire il gregge, che ancora non aveva pascolato abbastanza. Lei il clima l'ha conosciuto con il rigore dell'inverno, con la neve che copre la scarsa erba, con l'acqua che non arriva, con le nuvole bianche che passano veloci senza cedere una goccia, con il sole cocente che secca le sorgenti e inaridisce i torrenti, in altre occasioni ostacolo insormontabile da attraversare e fonte di rovinose discese a valle.
Lei ha aspettato con impazienza che il vento di aprile soffiasse leggero sui suo campo di grano, ma spesso ha visto l'asfodelo ingranire mentre le Sue spighe restavano vuote e la leggerezza del covone lasciava intendere che quel/'anno bisognava fare qualche sacrificio in più.
Ma tutto ciò non Le ha impedito di godere di un bel tramonto, di ammirare il volo maestoso di un'aquila, di sorprendersi nel guizzo di una martora, anche se e vero la volpe, mazzone, grodde e mariane, furbo e in fido, non l’'ha mai potuto sopportare; ma in fondo bastavano i suoi cani per tenerlo alla dovuta distanza dalle capre che partorivano.
Tutto ciò non Le ha impedito di soffermarsi a contemplare le bianche cime calcaree, gli orridi precipizi, le forre i fiumi che vengono inghiottiti dal ventre della terra o quelli che escono con prepotenza dalla viva roccia.
Tutto ciò non Le ha impedito di apprezzare lo splendore della fioritura della peonia o della digitale o lo scoppio spettacolare del giallo della ginestra dell'Etna; e quante volte ha guardato con un certo timore, se così si può dire, ma anche con meraviglia, ai giochi e alle sculture sorprendenti e fantasiose del calcare nelle vaste grotte.
E' vero per lei I'ambiente non e qualcosa di astratto. Lei sa valutarlo per quello che sa dare alla pastorizia e all'agricoltura e sa che nelle aree di montagna, per lo più, non e molto. E' cosi che spiega l'abbandono della montagna, prima delle coltivazioni estensive di grano e di orzo, oggi anche della pastorizia. E lei non inganna se stesso pensando a fantastici progetti di miglioramento dei pascoli sulle rocce calcaree o sulle aree scoscese dei porfidi.
Lei sa che arare in certe zone con elevate pendenze significa semplicemente disperdere in breve tempo quel l'esilissimo strato di suolo, aumentando in definitiva le superfici dominate dalla roccia nuda ed improduttive. Lei ritiene che sia meglio utilizzare quei fondi in altre, nuove, vie.
E' vero, se qualche Suo collega avesse avuto la Sua esperienza di campagna, non avrebbe tardato a comprendere che dall'ambiente non si può chiedere più di quanta esso sia in grado di dare; del resto e cosi anche con le persone.
Lei ha inteso, Signor Sindaco, che oggi e difficile competere economicamente con regioni del mondo che possono produrre le nostre stesse cose con meno fatica e in maggiore abbondanza; in effetti la liberalizzazione dei commerci ha fatto si che oggi troviamo nei nostri negozi, formaggi, salumi, verdure che vengono non si sa bene da dove (avrebbe mai pensato di mangiare lattughe prodotte in Emilia o in Olanda?).
E Lei si ritrova oggi, per la carica di responsabilità che ricopre, a dover riflettere seriamente sui futuro della sua comunità e dell'ambiente in cui essa vive.
Lei sa bene che i giovani di oggi non torneranno nelle montagne a badare alle greggi; primo perchè giustamente non si e più disposti a sacrifici che Lei stesso considera ingiusti, secondo perché non e affatto semplice per un giovane che fino ai 18 anni vive in paese e frequenta un certo tipo di scuola, riuscire a guidare un gregge in modo tale che a fine giornata il secchio de llatte non resti vuoto. Lei si è chiesto spesso anche per Quale motivo in Sardegna non esistano, come in Francia o in Spagna, scuole che insegnino a fare il pastore con dei criteri moderni.
D'altro canto Lei si rende conto che non e vera che tutti i giovani potranno andare a lavorare con gli elaboratori elettronici, che anzi il computer oggi, piuttosto che favorire un certo tipo di occupazione la riduce.
Ora che queste zone sembrano aver perso importanza per la economia tradizionale, da più parti si afferma che hanno acquisito un altro grosso interesse, che e quello turistico, grazie al fatto che queste zone, tra le più suggestive in Italia ed in Europa, offrono ancora un ambiente considerato degno di conservazione.
Si pensa che nel volgere di pochi anni centinaia di migliaia di persone saranno invogliate a visitare queste zone ed il Suo paese in particolare. Tutto ciò apporterà benessere, ma anche problemi.
Lei ha gia intuito che molti di quelli che si hanno comprato "unpezzodisardegna", appropriandosi delle spiagge più belle e dei posti migliori, hanno gia in idea di comprarsi "unaltropezzodisardegna" nelle zone montane più belle.
Quell'ambiente che per Lei e stato motivo di vita, per altri sarà semplice occasione di svago e le montagne si riempiranno di case e di villaggi, analogamente a quanta accade nelle coste, abitati solo in un breve periodo dell'anno; ciò non mancherà di creare grossi problemi alla Sua amministrazione, per l'approvvigionamento idrico, per l'energia elettrica, per lo smaltimento dei rifiuti.
E Lei vede già i guasti che la cultura dello spreco della società opulenta procurerà. Strade inutili costate centinaia di milioni e miliardi, dove passerà. qualche macchina appena; bene ha fatto a tacciare come cosa non seria, a non farsi convincere da progettisti che ritengono t4tto possibile, sui problema della vocazione sciistica del Gennargentu.
Lei sa bene che,basta un leggero vento della vicina costa africana per sollevare di pochi gradi la temperatura, lasciando a secco sci e sciatori.
Bene ha fatto a dire a chi vuole spendere miliardi per la neve artificiale che sarebbe meglio utilizzare quei fondi per risanare i bacini o per migliorare la viabilità interna dei paesi, piuttosto che cercare di assecondare le voglie suscitate dalle mode in chi e troppo pigro per andare dove la neve c'e davvero e dove chi sa sciare c'e davvero.
Lei ha ragione ad essere preoccupato sia per la presenza di questo tipo di iniziative, del cosiddetto turismo dei ricchi, ma anche di quello dei meno ricchi e dei poveri, dei giovani. Innanzitutto sa che non e facile percorre re le nostre montagne come se fosse un gioco, per gente che ormai vive per buona parte dell'anno in città e ha perso quasi ogni contatto con la realtà naturale e non distingue spesso una quercia da un lentisco, ed e convinta che l'ambiente naturale sia quello rappresentato sulla carta patinata delle numerose riviste che oggi, tanto più l'uomo perde i contatti ed ignora la natura, tanto più si vendono.
Lei sa che c'e anche una responsabilità morale a far credere che chiunque possa muoversi senza difficoltà nelle montagne e ricorda bene quella volta, e non ha vergogna a dirlo, che ha vagato per diverse ore nel bosco prima di ritrovare il sentiero per l'ovile.
Tragici fatti di questi anni hanno forzato in Lei la convinzione che se la gente vuole vedere i luoghi senza correre rischi inutili e giusto che lo faccia con una guida locale.
Ma io le sono particolarmente grato perché Lei e andato a spese proprie, ad informarsi su cosa succede nei parchi italiani ed esteri. Al Parco Nazionale dello Stelvio, al Parco Nazionale d'Abruzzo, al Parco del l'Uccellina. Cosi ha potuto vedere con suoi occhi, che non e vera che i pastori sana stati cacciati da queste aree, che non e vera che i comuni sono a sovranità limitata, che non e vero che le popolazioni locali sono ridotte in miseria, ma al contrario e vero che sana divenute tra quelle a reddito piu alto in Italia, che e rifiorito l'artigianato, l'agricoltura e l'allevamento; che vi sono ostelli della gioventù, alberghi, servizi sociali, centri di studio e di ricerca collegati con tutto il mondo.
Sarebbe sciocco dire che non vi sono problemi e che tutto fila nel migliore dei modi, ma ora sono i problemi dello sviluppo, non quelli del sottosviluppo a creare discussione. Lei ha potuto constatare con mano che non esiste contraddizione tra conservazione dell'ambiente e sviluppo, anzi proprio la conservazione dell'ambiente e la base dello sviluppo.
E del resto quale contraddizione vi può essere nel volere che le stalattiti di una grotta restino intatte e lo sviluppo; che contraddizione vi può essere tra il voler fare in modo che gli insetti cavernicoli o le Speleomanthes continuino a vivere e lo sviluppo; che contraddizione vi può essere tra il fatto che è opportuno conservare quel che resta delle tipologie dell'architettura domestica dei nostri paesi e lo sviluppo; che contraddizione vi può essere tra la conservazione dei boschi, per una razionale utilizzazione che consenta di averli anche nel futuro, e lo sviluppo.
Lei si e reso conto che oggi molte persone sono disposte a spendere il proprio tempo e parte dei propri risparmi per godere, almeno per un po’ di tempo all'anno, di paesaggi e panorami che non siano dominati dalla presenza di cementa inutile e pacchiano.
Lei si e reso conto, e certo non ragiona in termini campanilistici, che un Parco Nazionale della Sardegna può offrire molte più cose di quelli gia esistenti, forse potrebbe essere il più importante in Europa.
La Sua convinzione che sia necessario salvaguardare l'ambiente da inutili manomissioni, anche quando queste avvengono con l'alibi dello sviluppo economico, e ammirevole, come la sua determinazione di impedire che nel territorio da Lei amministrato queste cose non succedano più.
Se altri hanno frantumato il proprio patrimonio naturale non trova che ciò sia una buona ragione per fare altrettanto.
Ho apprezzato il suo ragionamento a proposito dei mali della Sardegna. Condivido pienamente di considerare ridicola e fuorviante la causa di tutti i mali in quelli che vengono da fuori: i Fenici, i Romani, i Carbonari fiorentini, i Vicerè sono spesso utilizzati come alibi sciocco per non parlare delle cause attuali di degrado. Anche i Sardi, e Lei lo sa bene, hanno distrutto i boschi, anche i Sardi hanno incendiato e continuano ad incendiare, anche i Sardi fanno programmi edilizi e hanno dato le licenze che hanno travolta le coste più belle; anche i Sardi divelgono monumenti archeologici sia alla ricerca di illusori tesori sia per semplice ignoranza.
E sono giusti i suoi appelli perché vi siano a livello regionale e nazionale leggi adeguate di salvaguardia, che non lascino gli amministratori soli nella loro battaglia contro la speculazione edilizia nelle coste e non solo.
Leggi chiare anche per fare in modo che gli amministratori non debbano più essere oggetto di vili attentati, per una licenza impossibile a concedere, sfatando la credenza ancora abbastanza radicata: "se lo vogliono lo possono fare".
Lei e giustamente preoccupato che la Sua amministrazione, senza leggi adeguate e senza un fattivo aiuto della Regione e dello Stato, non sia in grado di reggere le forti pressioni speculative sui suo territorio e magari pensa anche che altri amministratori possano dare loro via libera.
Infondo la convinzione di associare il binomio sviluppo edilizio-sviluppo economico e abbastanza dura a morire.
E' vero su di Lei grava una pesante responsabilità, perché si trova ad amministrare un territorio che presenta aspetti fisici, paesaggistici e biologici che trascendono anche l'interesse locale per porsi su un piano, diciamo cosi, di extraterritorialità.
Questo, lungi dal costituire un'alienazione alla contingente appartenenza di un determinato comune, rappresenta oltre che un fatto culturale e scientifico in se rilevante, anche un fatto economico per il flusso di visitatori che può richiamare. Ecco un suo serio problema: conservare l'ambiente per conservare un flusso turistico e scientifico.
II nodo che origina le incomprensioni penso che stia proprio sulle ipotesi di gestione di queste risorse, che sono per noi un po' atipiche.
Ci viene infatti difficile, o se non altro inusuale, pensare che luoghi dove anche le capre andavano malvolentieri possano essere considerati come importanti beni economici.
In questo senso uno sforzo per ricercare nuove vie e chiarire aspetti oscuri attende di essere portato a termine. Quale sia il modo migliore di gestione dipenderà più che da uno schema gia definito e preconfezionato da altri, da quanto le amministrazioni locali saranno in grado di far valere le foro ragioni, non arroccandosi su posizioni preconcette ed anacronistiche, quanta piuttosto sviluppando un ragionamento in positivo sulla esigenza che il Parco si faccia e che la sua gestione sia ampiamente rappresentativa e democratica.
In effetti ci passa molto dalla richiesta di voler contare alla paura che lo Stato o la Regione possano essere istituzioni da combattere e da escludere dal governo del territorio, nella illusione che i singoli comuni possano fare da soli.
Infine trovo pertinente la Sua osservazione riguardo alla esigenza di conservare l'attributo di "nazionale per il futuro Parco, perché anche a me non sembra assolutamente produttivo volerlo degradare al rango di tanti Parchi comunali o comprensoriali.
Sarebbe come barattare un marengo d'oro con quattro o cinque monete da cento lire, solo perché i soldi in corso legale sono spendibili al primo negozio di frutta e verdura, mentre l'antiquario sta un po' più in la e non si sa come farlo arrivare in paese. E' pienamente giustificata la Sua paura che non qualificandolo come Parco Nazionale, i cospicui fondi da destinare all'area del Gennargentu potrebbero essere dirottati in altre aree, dove le popolazioni si sono gia convinte del fatto che la creazione di un Parco Nazionale è innanzitutto una grossa occasione economica.
Mi consenta di concludere che nei suoi sforzi per far valere le Sue idee potrà avere il conforto della comunità scientifica sarda, nazionale ed internazionale, delle associazioni naturalistiche e protezionistiche, che lungi dall'essere contro lo sviluppo dei paesi di queste zone, hanno egualmente a cuore i problemi della conservazione ma anche quello dello sviluppo, certi che in questo senso il Parco Nazionale possa rappresentare un fatto particolarmente importante nel futuro di tutta la Sardegna. Voglia ricevere con l'attestato della mia sincera stima i più distinti saluti.
NUMERO /1
Anno 1989, n. 1
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