In qualche modo, parla ancora oggi chiaro e contiene le spiegazioni dei fatti narrati e delle passioni che vi si manifestano.
Io la devo alla cortesia del nipote acquisito, e attuale depositario delle memorie del grande avvocato e uomo politico, Mario Salis, che me l’ha consegnata con la raccomandazione di farne un uso discreto, di evitare, cioè, di offendere qualcuno, rendendola nota, sia pure a distanza di 57 anni.
Condivido la preoccupazione di Mario Salis, anche se ritengo che ai nipoti giovi conoscere la storia dei nonni, anche nei suoi episodi meno esaltanti, degli amori abbandonati, degli odi superati.
Non credo che oggi qualcuno possa riaccendere la passione politica che la lettera rivela.
I giudizi di Marianna, anche i più aspri, sono evidentemente solo politici.
Marianna non aveva interessi di altra natura che non quelli della patria sarda, per la quale combatteva e lottava e giudicava gli uomini solo con i parametri dell’amor patrio.
La lettera , se vogliamo, scritta dalla trincea. Marianna in primissima linea e non si pu” pretendere da lei serenità nei giudizi o comprensione sulle motivazioni di chi allora le sparava addosso o, anche e più, di chi lei sospettava di intesa col nemico.
Ho scelto comunque di sostituire con asterischi i nomi degli oranesi che si trovavano sul fronte opposto, anche se sono tutti di persone ormai scomparse, e non certo perché i loro eredi abbiano motivo di vergognarsi della loro militanza in quegli anni (su molti Marianna, che sarebbe morta meno di un anno dopo la lettera, non ha avuto il tempo di ricredersi, ma Ignazia, la combattiva sorella, aveva con alcuni di loro rapporti di amicizia fraterna.
La guerra, d’altronde, ormai finita da tanto tempo che si possono davvero rispettare i caduti di tutti i fronti) ma perché la stessa Marianna, se fosse vissuta più a lungo, avrebbe rivisto i propri sentimenti nei loro confronti.
Non ho nascosto i nomi dei candidati alle elezioni, perché si tratta di uomini pubblici che hanno scelto essi stessi di dichiarare la loro appartenenza, né degli attivisti sardisti sui quali Marianna riversa affetto e stima.
Non ho asteriscato la parola parroco per l’ovvia ragione che lo stesso don Barboni, su Vicariu di Orani per svariate generazioni, avrebbe rivendicato a suo merito la sua decisa azione a favore del partito di Dio e pu” anche darsi che da tanti anni glie ne sia stato reso merito dall’unico giudice che per lui contava.
Non ho neanche voluto nascondere il nome di Mario Delitala, il nostro grande pittore, vanto di Orani, che evidentemente Marianna amava (“i facili entusiasmi dell’artista” è un’espressione di stima), perché dalla lettera non deriva alcun giudizio negativo sull’uomo.
Marianna sembra riconoscere all’artista un suo diritto alla neutralità in politica, il diritto a una sfera superiore all’attualità anche la pi viva e alle dispute contingenti.
C’è, se mai, il rimprovero, o l’amarezza quasi da sorella, di una debolezza, peraltro conosciuta e prevista, umana, che consiste semplicemente nella disposizione a voler bene a tutti e nel desiderio di essere voluto da tutti bene.
Ciò che potrebbe sembrare una virtù, ma che Marianna non poteva non considerare un difetto in tempi di lotta, dove dovere di ognuno era prendere posizione e combattere.
Non poteva pensarla diversamente la donna che si era opposta al fascismo trionfante. Ma don Mario Delitala non era portato alla lotta e, diversamente da come capita alla gran parte di coloro che non si schierano, che generalmente non sono amati da nessuno, era davvero benvoluto, dal primo all’ultimo dei suoi compaesani.
Ho lasciato la punteggiatura di Marianna. é una punteggiatura fonetica, non sintattica.
Marianna pone le virgole non dove bisognerebbe fare una pausa secondo le regole della sintassi, ma dove lei stessa l’avrebbe posta, nel suo parlare appassionato, rincorrendo le sue stesse emozioni. Cos“ si spiegano le virgole tra il soggetto e il predicato verbale e alla fine e non anche all’inizio degli incisi. é un uso che Manzoni ha reso classico nei Promessi Sposi, sia pure usandolo solo nei dialoghi e in bocca ai personaggi popolani. é un modo di porre un’attenzione particolare sul soggetto, una sottolineatura.
Le sottolineature nell’originale sono sovrabbondanti. L’ottanta per cento del testo è sottolineato, secondo una costante delle lettere di Marianna a Mastino.
La patriota sembra quasi voler avvertire il suo interlocutore che tutto quello che dice è importante.
E non riesce mai a dirlo tutto. Le manca la carta. L’originale è scritto su un foglio doppio e due singoli, per un totale di otto pagine fitte, che non si rivelano sufficienti, tanto che Marianna finisce la lettera tornando alla prima pagina e scrivendo nel bordo sinistro e sopra l’intestazione, e scusandosi per la fretta.
La lettera avrebbe bisogno di un lungo, serio, approfondito studio sul suo contesto. Ma credo giusto pubblicarla anche lasciando che parli da sola. é un documento di una vicenda importantissima della nostra storia e, attraverso il fuoco della passione di Marianna, si riesce ancora a sentire il fuoco della passione diffusa. Io la trovo bellissima.
Ho provato una grande gioia, leggendola, nel ritrovarmi davanti viva la figura di questa grande oranese, impegnata in una delle sue tante battaglie, consapevole della precarietà della sua salute e del poco tempo ancora a sua disposizione.
Mi rimane il rimpianto di non averla conosciuta, di avere trascurato di approfondire la sua memoria, quando era ancora possibile, con Ignazia e con altri, e un enorme rimpianto per alcune delle figure che erano sempre al suo fianco, come negli episodi di questa lettera, e che io ho avuto la fortuna di conoscere e amare.
Orani 10.6.1946.
Alla gioia per la rielezione Sua e dell’On. Lussu, s’unisce l’amarezza infinita e la vergogna per questa sciagurata Sardegna che sarà rappresentata alla Costituente da *** e dai suoi cinque compagni del nuovo “Listone” clerical-fascista, e dal qualunquista Abozzi, anzichè da uomini, da sardi, del valore di Luigi Battista Puggioni e Gonario Pinna, di Titino Melis e d’Anselmo Contu, che riunendo le loro voci poderose a quelle degli altri due nobilissimi esponenti sardisti, avrebbero potuto decidere vittoriosamente del destino del nostro popolo!
Temo che i preti abbiano non solo tradita, ma assassinata la Sardegna, in quest’ora decisiva, costringendola a votare per i sei sacristi, che a Roma faranno arrossir Lei e l’On. Lussu d’esser sardi! E mi chiedo, per quale ironia del destino, siamo sopravvissuti ai 20 anni di tirannide fascista, se dovevamo cader subito in questa spaventosa tirannide ecclesiastica, che viola anche il più nascosto santuario della coscienza, in cui Mussolini non poteva penetrare; che scatena i suoi preti privi d’ogni senso d’umanità; di comprensione, davanti al tormento d’una fede politica, sopravvissuta alla prova di 20 anni di persecuzione feroce, e non concedono neanche, ultimo scampo, l’astensione, ma impongono la mostruosa apostasia, la paralisi del sentimento, della volontà, dell’anima!
Scrivo oggi, dietro espresso incarico dei sardisti e delle sardiste d’Orani, per farle sapere ciò che qui succede; ma sopratutto detto incarico mi venne da Maria Are moglie del Suo cliente Andrea Borrotzu, che venne a contesa col Parroco, in Chiesa, per la sua fede sardista.
Tutte le nostre donne son bersagliate dal Parroco, anche in confessione; ma nessuna è disposta a sostenere pubblicamente l’accusa per una documentazione.
Questa Maria Are Borrotzu invece è venuta a dirmi di scriverlo a Lei, perché agisca come crede:
Le cose si sono svolte così: La Are si recò a confessarsi dal Parroco, lo scorso Venerdì 7 Giugno; ma siccome io avevo detto a tutte che se il voto al partito sardo fosse stato peccato, io non le avrei consigliate di darlo; e che se non era peccato non dovevano confessarlo, essa, per risparmiar incidenti e scandali, non confessò affatto d’aver votato per Lei o per l’Avv. Pinna; ma il parroco, truce e fiero chiese: “per quale partito hai votato?”
La donna rispose con calma: “Stia sicuro che ho votato secondo coscienza, per persone buone e oneste”. Ma il parroco replicò: “Ti chiedo se hai votato per la democrazia cristiana; altrimenti c’è la scomunica e non ti posso assolvere”.
Maria Are disse allora: “Ma perché lasciavate dar le elezioni, e non mandavate senz’altro i democristiani, giacchè si posson votare solo quelli?”.
Il parroco gli sbattè lo sportellino del confessionale sul muso, e buona notte! Allora l’Are l’attese in mezzo alla chiesa piena di gente per dirgli che il voto era segreto, e nessuno poteva entrarci; e ch’essa non aveva assassinato nessuno, come certi democristiani; che l’On. Mastino era in confronto ai preti, un santo che faceva miracoli.
E se ne andò! Poi venne da me, a pregarmi d’informar subito Lei e l’Avv. Pinna, per sapere che cosa deve fare.
Se anche Lei non volesse agire, ad ogni modo la Maria Are è una donna così decisa, così fedele, ed oggi così presa di mira, che merita una parola Sua e dell’Avv. Pinna, che la rinfranchi.
Il nostro parroco e tutti i preti dei dintorni, mirano a piegar le ribelli, facendole andare a Canossa, dai Vescovi, che toglierebbero la scomunica, a condizione d’abbandonare il Partito Sardo e passare alla Democrazia Cristiana.
Per fortuna qui quasi tutte vanno a confessarsi col vecchio don Brundu, che non chiede mai per chi si è votato: e le nostre donne, rassicurate anche da mia zia (che pur nei suoi ottant’anni è perfettamente lucida ed è Maestra del Terz’Ordine) si guardano bene dal confessare il voto sardista, ma a Saruli, ed anche qui col parroco non è così!
Ed io, rimedio ne vedo uno solo! quello che indicai a Luigi Battista Puggioni, fin dal principio: togliere il voto alle donne! Denunziare e metter dentro i preti, per la profonda conoscenza che ho dell’anima femminile, sarebbe far il loro gioco e trasformare in martiri i Torquemada; ma forse si potrebbe sollevar l’indignazione dei deputati, alla Costituente, contro il nuovo listone sardo (duecentotredicimila voti!) con una documentazione ed un’esposizione fatta da Lei, da Lussu e da Corsi) simile a quella che Matteotti presentò per il listone fascista del 1924, costringendo coi ***, *** ed i sacristi che han perduta la facoltà d’arrossire, a scappare fra i fischi e le proteste dei colleghi! Se però, per far questo, è necessaria prima la denunzia, anche questo dovrà farsi, tanto più ora che l’amnistia non permetterà i martirii!
Perché, solo se vedranno infirmati i loro voti, solo se sapranno di non poter raccogliere il frutto del delitto, i democristiani smetteranno di premere sui preti, e questi di tormentar le coscienze!
Oltre la deposizione dell’Are, e quella dei pochi animosi che attesteranno quanto il parroco disse in Chiesa, domenica 2 Giugno, il sardista Salvai Antonio (Carrapreda) mi mandò a dire che informassi Lei, del fatto che il parroco di Orani, negò l’assoluzione ad una giovane di 15 anni, perché si rifiutò di dirgli a qual partito appartenesse la madre!
Se non si potrà sollevare la protesta della Costituente, per mandar via quei vili, il successo li renderà sempre pi pazzi, e noi dovremo desistere dalla lotta politica, e rassegnarci ad un ritorno al medioevo!
Lei mi dirà che in Alta Italia questi mezzi non attaccano; che solo in Sardegna ebbero successo; ma, se ritorna il medioevo in Sardegna, se muore il Partito Sardo; se quest’autonomia di barbarie pretesca, impedisce l’attuarsi della nostra autonomia che è libertà e vita, io mi curo e mi compiaccio ben poco, di ciò che succede in Alta Italia.
Ed ora ecco il resoconto ordinato dei fatti, che potrà esserLe utile, perché quanto accade qui, accade (anzi peggio) a Saruli, Olzai, Orotelli, ecc.
Il giorno dopo la Sua venuta, quando il paese era ancor vibrante per il Suo discorso, furono sparsi, casa per casa, i foglietti azzurri con la condanna dei vescovi al Partito Sardo, portati da una ventina di propagandiste, che simili ad erinni, annunziavano la scomunica! Ma l’avevan detto tante volte da prima, che non furon credute quasi da nessuno; anzi in molte case furon messe alla porta!
Le donne ridevano, e tutto fin“ in un clamoroso fiasco, anche quando la signorina Cambosu, d’Orotelli (presentata ed accompagnata dal cognato prediletto di ***, ***, democristiano dannato! parlando al pubblico, dove parlò Lei, espose alle donne gli orrori della scomunica ecc. ecc.!
Poi, siccome quest’imbecille, si permise d’attaccar Lussu e la Signora, con le accuse più oscene, e di demolire il nostro partito, mia sorella, mentre poche megere applaudivano, gridò: “Viva Lussu! Viva il Partito Sardo!”. Grido subito raccolto e ripetuto senza fine, da sardiste e comunisti. Ed ecco la Cambosu, inviperita, e tosto “iniziata” dalle energumene che aveva intorno, gridare, mostrando a dito mia sorella, “che le dirigenti sardiste erano irreligiose; che andavano in Chiesa solo per le grandi occasioni; che erano ribelli agli ordini della Chiesa ecc. ecc. Allora protestarono tutti i presenti (salvo il gruppetto delle furie) e le donne comuniste con più calore delle sardiste stesse! Italo Aru prese poi la parola, volgendo in burletta l’anatema della Cambosu e facendosi applaudire. Ma quando l’oratrice fu andata via, una trentina d’erinni accerchiarono mia sorella, pretendendo di discutere in trenta contro una, ed assordandola d’urla, perché sosteneva che i vescovi che avevano bruciato Giovanna d’Arco erano cattolici non eretici! Dovemmo liberarla con l’intervento dei carabinieri, e ne ebbe una raucedine per otto giorni, e le tasche del soprabito lacerate!
Ma questo fece un tal chiassoso danno dei democristiani, che la vittoria pareva assicurata anche in campo femminile! E la sera del 1¡ Giugno, *** fu accompagnato alla vettura da una tal memorabile fischiata, che ormai la democrazia cristiana, per Orani, era morta e sepolta!
Ma il Parroco aveva in serbo la grande sparata, per Domenica mattina 2 Giugno; ed alla messa, disse allora, col tono truce e spaventoso d’un profeta d’Israele, che erano colpiti da scomunica tutti colore che avrebbero votato per altri partiti, e non per la Democrazia Cristiana; che conseguenza della scomunica era il diniego dei sacramenti, anche in punto di morte; i bimbi senza battesimo; i funerali senza prete; le nozze senza rito religioso; le case senza acqua santa, finchè i Vescovi non avessero perdonato! Perciò dovevano votar tutti per la Democrazia Cristiana.
Questa proclamazione fatta con tanta solennità e con tanto impeto, non fu creduta pi, pel momento, un sotterfugio elettorale, e fu cos“, in preda al panico, che le donne andarono a votare; ne conseguì che i nostri 419 voti, furono certo in prevalenza d’uomini (sebbene vi sian state donne coscienti e coraggiose, come la moglie e le figlie del Dottor Marchioni, che vanno in chiesa col distintivo sardista per vedere di farsi mandar via; come mia zia e le terziarie giovani e vecchie, che si recarono a votare con lei, o come le inquiline delle Loro case, che Lei andò a trovare nel Marzo, cioè le Bruno e la giovane Arras Grazia maritata Zichi, che faceva la propaganda casa per casa, mettendosi anche a piangere, se sentiva insultare il Partito Sardo o Lussu e gli altri dirigenti); e ciò che è peggio, furono di donne terrorizzate, come esse stesse dicono ora, maledicendo, le numerose schede in bianco, ed i 500 e più voti democristiani d’ora, contro i miserabili 176 voti che presero nel Marzo!!!
E di fronte a questa grave situazione, perde valore, forse, tutto ciò che riguarda altri avversari; eppure certe imposture infami, bisogna smascherarle! Le avranno detto, ad esempio (perché fra i nostri vi son molti ingenui) che stavolta i fascisti-qualunquisti (***, ***, *** e c.) avrebbero votato per Lei “pei suoi meriti personali” non per il Partito, che era già finito e dov’era a capo un traditore come Lussu, ladro di miliardi in Isvizzera” ecc.!
Tutti abboccavano; ma io dissi subito che esaltavano Lei per denigrare con pi efficacia, il Partito, e che fingevano cos“, per mettersi al riparo dalla vergogna d’una seconda clamorosa sconfitta (88 voti nel Marzo!) e da eventuali rappresaglie se in Italia le cose andavano male! Erano sempre gli animali immondi, che nella piazza piena di gente nel Marzo vennero a contesa con Elena Melis (ne chieda a Lei!) perché sostenevano che l’avv. Oggiano era un fascista, un burattino, come anche Lussu (“Presente” alla mano)!!! NÈ mutato era il loro atteggiamento: per esempio il giorno del discorso di Antonio Dore, che attaccò Lei e l’avv. Pinna, ed a cui rispondemmo Usala ed io, Mario Delitala, nei suoi facili entusiasmi d’artista, ci disse che avrebbe voluto tenere un comizio per difendere “da amico” (non da sardista poichè egli non lo era) gli amici Mastino e Pinna, facendone conoscere la figura ed il valore.
Accettammo con entusiasmo; ma io dissi agli amici: “Vedrete dove va a finire il proposito di Mario, quando ne parla con la sorella e con Peppino Sequi”! Così fu: per qualche giorno si fece attendere invano; poi venne a dirci, “che non poteva parlare liberamente, perché la mamma temeva che s’offendessero i preti, e la sorella ed il cognato, temeva che s’offendessero i fascisti”! Ed il discorso, aimè! fu lagrimevole, veramente “qualunque”! I loro nomi pericolosi (il Suo e quello dell’avv. Pinna) ed ogni accenno alla loro fede, alla loro personalità, furono evitati con una cura servile che urtava; disse solo in tutte le salse, che nel votare bisognava guardare agli uomini, alla loro età, al loro valore, non ai partiti, che dicevano tutti le stesse cose, le stesse frottole... ma andò tanto in là, in questa svalutazione dei partiti, che distrusse o diluì in una spuma di scetticismo e di burletta, la religiosa severa impressione che il popolo aveva riportato la sera precedente, dal grande discorso autonomista di Titino Melis, d’una tragica grandiosità, negli accenti appassionati per il dolore della nostra Isola!
Dopo il discorso di Mario, il ***, i ***, i *** ecc. se lo riportarono in trionfo, felici di quella cieca ubbidienza! Di pi: il giorno che furono qui Mauro Angioni e Manca per il comizio qualunquista, i “neo mastiniani” eran tutti con loro (dai *** ai ***) e li portavano in trionfo, e si spellavano le mani ad applaudirli ad ogni atroce insulto lanciato al Partito Sardo e a Lussu, “che bisognava fucilar subito alla schiena”; tanto che mia sorella, incurante delle sanzioni legali, prese ad interromperli ad ogni parola, gridando sempre: “Viva Emilio Lussu, viva il Partito Sardo” finchè i pochi sardisti presenti con a capo Italo Aru, balzarono alla riscossa, facendo fuggire l’Angioni!
Infatti il Qualunquismo riportò anche stavolta 66 voti, e cioè solo 22 voti in meno del Marzo: e questi 22 voti in meno, sono, contati l’uno sull’altro, i voti dei contadini Fadda Carmine e Cosseddu Giuseppe (già sardisti, che s’eran lasciati candidare nella lista qualunquista, per riguardo a Salvatore Pirisi e ad Antonio Cuccu, ma ora tornati al Partito Sardo, con nuore, generi, figli e figlie) di Giovanni ed Adelaide Sedda, amicissimi di Antonio Gessa; di Salvatore Cuccu, ora con noi, e famiglia; dei Pirisi, che ora votano al Partito Liberale.
Gli altri sessantasei voti qualunquisti ci furon tutti, tutti come io prevedevo! E dopo che si venne a sapere il risultato delle elezioni di Cagliari città, li abbiamo sentiti noi, i *** e ***, dire che “continuando cos“, essi (i “qualunque”) avrebbero mandato a Roma sei deputati”, non come noi, certamente! é necessario che lei sappia tutto questo, perché certa gente non venga ad affacciar meriti con Lei, ad ottener protezioni forse a danno dei suoi fedelissimi d’Orani (fra cui Marceddu, Usala, i Mereu, i Dessolis, i Borrotzu, anche Andrea il marito di Are Maria, ed il fedelissimo segretario della Lega dei contadini, Antonio Nieddu di Filippo, venuto a Nuoro con la febbre, a piedi, a portare i cinque voti sardisti per le elezioni sindacali).
Per la stessa ragione non posso tacerle la partaccia che a tradimento faceva contro il Partito Sardo, ***(di cui ormai abbiamo le prove) e la partaccia che faceva in chiaro, il suo figlio ***, (...) proprio personalmente contro di Lei e contro il Pinna, nonchè la parte che faceva la moglie, che pur di toglier voti a noi diceva in pubblica piazza: “Meglio state per il socialismo: il Partito Sardo è un partito morto, eppoi c’è a capo quel pazzo di Lussu”. é vero che glie le ho cantate io! Una parte fiera e magnifica, fecero invece la moglie e la figlia di Salvatore Borrotzu, e Peppina Mereu e Francesca Rocca, sempre pronte a ridere anche del papa, come pure tutte le Sedda-Zichi; ma, aimè, non posso dire altrettanto della moglie e della figlia di Domenico Borrotzu, che non la pensano certo come lui!
Perdoni la lunga ma necessaria lettera. Le rinnovo ancora congratulazioni ed auguri per la sua rielezione. Con ossequi, un fervido forza paris!
Marianna Bussalai
Ricevo il suo ringraziamento, ma ben altro, avrei voluto fare! Mi scusi, per la fretta.
Ossequi ancora.