Stessa cosa hanno dovuto fare le altre Associazioni che, come noi, lì avevano un punto di appoggio e di riferimento: e ciascuno si arrangi come può e se può.
Si è di fatto concluso il processo di normalizzazione voluto da questa Amministrazione comunale, che ha accuratamente smontato e disperso i risultati dell’infaticabile lavoro dell’allora Assessore alla Cultura Nerina Fiori e di circa quaranta Associazioni culturali (una sorta di primavera?). Si era arrivati a costituire la Consulta, prevista e caldeggiata dallo Statuto comunale (ora viene da chiedersi, chi era costui?), a stilare e organizzare manifestazioni e iniziative nate dal basso, a dare alla luce quel Parco deleddiano che, da progetto-pilota, rischia di trasformarsi nella solita tavola imbandita atta a soddisfare appetiti di poltronieri di professione.
Ciascuna Associazione è tornata nel proprio angolo ad autogestirsi in misera solitudine, e il principe-amministratore dispensa, a sua discrezione, i favori, sulla base di criteri che alla plebe incolta non è dato di approvare né di rigettare, e non solo, ma neppure di conoscere.
C’est la vie, questa è la vita!
Intanto, poco distante, a Cagliari, si consuma la candela del governo regionale, del non-governo, dato che da molti mesi si vivacchia tra scaramucce e battaglie, fondate, non sui bisogni dei sardi, ma sul posizionamento delle solite persone (o personaggi?) nello scacchiere del potere: questo è almeno ciò che appare a chi sta dalla parte sbagliata della barricata (il 99,99 per cento dei sardi).
Già il pentolone della politica ribolle, e chi può (sindaci, assessori, presidenti, …) cerca di mettersi in buona posizione per saltare sul carro, cercando oltretutto, nella calca, di non sbagliare carro. Perché sbagliare carro si può, purtroppo.
E non parliamo dei carri che vanno a destra e a manca, ma solo di quelli che vanno a manca, dato che, per tradizione, formazione, cultura, eccetera, siamo particolarmente interessati a ciò che colà avviene (dove peraltro adesso il massimo dell’elaborazione politica è rappresentato dal calcolo di quante poltrone possa occupare un segretario di un partito di sinistra senza che nessuno possa dire che sta esagerando, ovvero che dà troppo nell’occhio), anche perché, sporadicamente, ci piace darci o prenderci (dare o prendere) qualche sana martellata sulle palle.
Dal nostro osservatorio privilegiato ci troviamo obbligati a sondare, anche non volenti, gli umori della gente comune. Di tanti che hanno partecipato in modo più o meno coinvolto alle vicende della politica, e ora fanno parte della categoria dei disillusi (ma non dei rassegnati).
Questi hanno guardato con interesse (speranza?) alla novità rappresentata dalla calata in scena di Renato Soru: desiderio di rivincita? Lancillotto, Don Chisciotte (o BraveHeart: “fantasia certo, nessuno potrà mai dirci come è andata veramente la storia. Quello che però traspare dal film non va ricercato solo nella storia di William Wallace e della Scozia, ma nella storia dell’umanità, sempre in balia dei nobili che rispecchiano i politici dei nostri giorni, che non vedono le persone che “vivono” …”)?
È nata una fase di studio, di attesa, che incuriosisce e stimola chi è ancora in grado di percepire segnali provenienti dal mondo esterno (al sé, in cui ci si è spesso rinchiusi) e sforzarsi di decodificarli.
Si vorrebbe già conoscere il particolare, da applicare rapidamente alle nostre aspettative e altrettanto rapidamente accettare o rifiutare. Ma nella realtà le cose non sono così semplici, essendo la politica (nella democrazia) un’arte complessa che non accetta semplificazioni e che ha nel compromesso una delle sue anime.
C’è chi vorrebbe capire, ad esempio, se l’eventuale elezione a Presidente di Renato Soru porterà all’abbattimento della jungla di Enti, Consorzi, Amministrazioni gestite da figure senza competenze specifiche, senza alcuna responsabilità gestionale, senza regole di spesa, con compensi inimmaginabili per il cittadino comune (impiegato, pensionato, operaio, funzionario, professore), anche dell’ordine di 120.000.000 di lire/anno (in lire fa più impressione) per una presidenza di rilevanza sub-regionale. Ma, al di là delle dichiarazioni d’intenti, è possibile capirlo oggi? Naturalmente no.
Crediamo ce sia iniziata una fase di studio, che non sarà né breve né monotona, ma certamente utile, giacché ci obbligherà a misurarci con la novità, a raffrontarla con ciò che riteniamo vecchio, a scegliere. E già, poter scegliere, di questi tempi è una grande novità.