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Politica degli arcani e arcani della politica
 
Quel poeta proveniva da un paese
nel quale ciò che lo opprimeva erano
la bruttura e la volgarità dominanti.
Czeslaw MILOSZ
In quanto arte del possibile, la politica è la più stupida e catastrofica delle attività cui si siano dati gli uomini da sempre.
In quanto investimento e messa in valore di se, in quanto professione e carriera, tra le più redditizie e remunerative. Oggi come non mai.
Ci consegniamo volontariamente a persone ambiziose, malate di potere, alle quali pare di non poter sfuggire se non per cadere in mani ancora peggiori.
Un centro-sinistra che fa del suo meglio per consegnare il paese a un centro-destra: come si addice a una coscienziosa staffetta. Camuffata da alternanza democratica.
E più questa compagine di mascalzoni ci stritola e accudisce ai propri affari di famiglia e a personali interessi, più chiaramente vediamo una diminuzione di sicurezza, di libertà e intelligenza.
Il dominio incontrastato di bruttura e volgarità, stupidità e incultura. Con cui l’attuale maggioranza si protegge e pare doversi perpetuare.
Ridare fiducia a chi per cinque anni altro non ha fatto che tradirla, non parrebbe il caso. Perfettamente persuaso, come sono, che i sinistri al governo, oggi, non avrebbero piegato il pelo a intervenire in Afghanistan e Iraq come ieri intervennero nel Kosovo.
E quanto a stato sociale, lavoro, scuola hanno lasciato calcinacci. Da dove tanta credulità nella politica, nei politici in carriera, in un mondo possibile e diverso, in una società migliore?
Non resta che allontanarsene. Non resta che allontanarsene e disertare. Mai più in contrito e rassegnato pellegrinaggio dentro un seggio elettorale . Né mi si venga a ricattare con la risibile minaccia che, così facendo, si fa il gioco di questo o quell’altro.
Poichè se votare è un dovere, non prestarsi a questo gioco delle tre carte è anche un diritto. Poichè si è stanchi di patire taroccate. Poiché si vorrebbe anche, e finalmente, imbucare la propria scheda per qualcosa che valga.
Non comunque e semplicemente e sempre contro qualcuno: col quale poi, a voto estorto e a riscatto versato, si finisce sottobanco col collaborare
Prosciugare lo stagno: e questa nefasta fauna di palude resterebbe a secco. Se è stato possibile uno sciopero dei consumi, disertando per un giorno i bottegai che sull’euro continuano a rapinare a mano franca, non sarebbe impossibile uno sciopero generale degli elettori che sfiduci in blocco un immutabile comitato di affari, sinistro o destro che sia, contrabbandati per attività politica.
Un parlamento di narcisi dei quali, ogni giorno, ci viene sussiegosamente fatto conoscere il numero delle mattutine addominali, marca e prezzo delle scarpe, vita e miracoli delle zie monacate, metraggio della barca da diporto, ville, bevute, prestazioni canore e via imbecerendo.
Qualcuno di questi irremovibili ha mai pagato per i propri errori e i non pochi malanni scaricati addosso al paese… Qualcuno oltre che sempre promosso è mai stato dimesso o de-mosso? Nessuno. E a nessuno risulta.
Quando per l’ultima debacle elettorale del popolo di sinistra la volpe-di-Gallipoli ha il baffo di rispondere che a perdere le elezioni è stato, se mai, il segretario del partito non il presidente dello stesso, cioè lui, beh: non resta che applaudire. E riconfermarlo, ben saldo, ammirati e fiduciosi, nella sua inossidabile spocchia.
Quanto al suddetto segretario che perde, creatura e fiduciario del presidente si sa, in una recente e accorata meditazione sulla filosofia della storia, non resterà che ri-scaricare e mettere in conto ogni sua sospetta responsabilitàˆ sull’anima da tempo trapassata di Enrico-il-riservato.
Per non aver compreso una spinosa e complicata evidenza: che le cose cambiano. Things change, titolava un vecchio film…
Critica piuttosto paradossale e forse inaspettata, la mia. E tuttavia, a suo modo, e almeno per quanto mi riguarda, liberatoria: dixi, et salvavi animam meam…
Poiché ogni critica è utile proprio se e in quanto paradossale, inaspettata.
In breve: se riesce a dare sicurezza dove rodono l’amarezza e il dubbio. E insinuare il dubbio dove perdurano ottuse sicurezze.
E’ utile se innanzi tutto mette in crisi se stessi e la propria parte. Se si rivolge, prima che all’esterno e agli altri, al proprio interno e a se stessi: a quello che è stato una volta il proprio partito e la propria chiesa.
Non farsi più ingannare. Non pochi della mia generazione hanno ceduto al comunismo, poiché faceva appello ai lati migliori della nostra natura politica. Non rinnego né rimpiango nulla. Altri vi si opposero, in ciò sorretti e confortati - come scrive Milosz - dai loro lati peggiori. Che oggi quadrano il cerchio.

Ma se Roma fa piangere, Cartagine non fa ridere. Lo scenario politico regionale è da sempre il calco farsesco dei suoi rifiniti modelli nazionali. Li riproduce al peggio. Riuscendoci sempre.
Quando, in Sardegna, tre province su quattro, ceppi ai piedi e mani ammanettate - véne tropeitos e a ferros de campagna -, si consegnano volontariamente in ostaggio a un cavaliere-imprenditore con qualche problema personale da risolvere, e consacrano il suo agente-proconsole locale con oltre 150 mila voti di consensi, allora vuol dire che il vero problema siamo noi. Noi stessi: che li votiamo e in loro ci riconosciamo.
Come pressoché unanimi - fatte salve non numerose eccezioni - noi sardi ci siamo riconosciuti per cinquant’anni nel fascismo prima e nella democrazia cristiana poi. Senza interruzione di continuità. E così, non altrimenti, a risalire i secoli. Servitù volontarie, sempre.
I politici siamo pur sempre noi ad allevarli e nutrirli con tutti i riguardi e le attenzioni del buon cliente, sistemandoli a vita in un pressoché irrevocabile pritanèo. Una volta sistemati e caduto in disuso il principio di revocabilità, pressoché inamovibili, non sono più tenuti a rispondere di nulla. Non revocabili, dunque non responsabili. E vice-versa. Che bazza…
Il vero problema, allora, non è tanto o soltanto il cavaliere oggi, nello scenario politico nazionale e la giunta Pili o la giunta Masala nello scenario sardo.
Bisogna avere il coraggio di guardarci allo specchio, per provare spavento di noi stessi: non di quanto ci arriva dal mare. Altro che popolo di resistenti… Fole.
Se poi una tale congrega rissosa di governo - coalizioni le chiamano -, unanime su qualsiasi sfacelo ambientale e umano e a coltello sempre sulla spartizione delle spoglie, si conferma più nociva di una catastrofe naturale, il rimedio è semplice. Si apre una crisi, si rimpasta tutto al peggio e via da-capo
Come non manca di mostrare, mentre l’intera Isola va a fuoco, l’incubo di alcune giornate di mezza estate. Che riassumo.

21 agosto:
Apre le danze il Pili-bis. Salta l’accordo. Incombono, in aggiunta a incendi e calure africane, minacciose elezioni anticipate. AN chiede facce nuove. I DS presidenti di garanzia. Il giorno muore insieme al Pili-bis.
25 agosto:
Vertice di maggioranza. Il giallo sardo si arricchisce col giallo delle dimissioni e il mistero sui piani del presidente.
Il Centro, sempre nostalgico, sbotta con un A noi la presidenza. La Casa della libertà è al lavoro:
come sempre nella sua etica e nel suo stile. Consensi in entrambi i Poli sul No alle elezioni anticipate che appena ieri minacciavano tempesta. In questo clima arroventato, una buona notizia: come la Fenice, Nuoro risorge con il Redentore.
Miracoli del folk mediterraneo. Mentre l’Isola continua ad affondare in un mare di fuoco, fa la sua comparsa, in edicola, La bella di Cabras. Un intermezzo di salutare mélo, a mitigare le arsure, é quel che ci voleva.
26 agosto:
Pili lascia la presidenza. Si affacciano, dal centro, altri e risaputi papabili. Per bocca del suo deputato, AN declama: in questo momento è importante salvaguardare l’unitàˆ della coalizione.
Che, decodificato, per orecchie educate, sta a significare: A noi la presidenza. Ma non si afferma chiaro e tondo, brutalmente, né nega. Come il dio che sta in Delfi, anche AN suggerisce. Accenna
27 agosto: Finalmente, tutti contro tutti. AN si è stancata di accennare: chiede fuori dai denti la presidenza. Non si tratta più dell’unità della coalizione, bensì dell’integrità della colazione e pasti a seguire. Centrodestra nel caos.
Centrosinistra, ligio sempre alle buone tradizioni, si divide. C’è chi rinuncia e si ritira e chi rimane in corsa.
Con due ronzini…
C’è chi spudoratamente reclama un governo autorevole e rinnovata fiducia in questa maggioranza da corte dei miracoli. E chi, come AN - ancora! - rivendica il diritto e il dovere di proporre un suo uomo per salvare la coalizione.
Non per altro: colazione e pasti a seguire sono soltanto un mio refuso, del quale chiedo scusa. Inoltre, AN ha anche un suo piano segreto. Misteri, segretezze, catacombe sempre.
28 agosto:
Rissa finale e palinodia: triste, solitaria y final. Il valzer del presidente riesce a far girare l’anima persino a un quotidiano mai fuori dal pentagramma come L’Unione Sarda. Che davanti all’indecoroso balletto trova finalmente un sia pur flebile sussulto di indignazione per queste miserie oramai quotidiane, cercando di spiegarvi come sia possibile che la nostra bistrattata Regione venga amministrata nel peggiore dei modi, eccetera.
Non è molto, ma è già qualcosa, fronte al coma profondo dei nostri intellettuali, prosciugati da scirocco e fuoco.
AN disvela in aula il suo piano segreto di cui ieri si sussurrava. E candida, tirandolo fuori da una capsula criogenica, il suo Uomo della provvidenza.
Tale avvocato Italo Masala - né poteva avere nome men che patriottico -: il peggior assessore nella storia sarda.
Ed è fatta, dall’azzurro si vira sul nero Il Centro annuisce. L’Udr deve ancora pensarci su. L’Ulivo mette in vetrina un moro-bendato. Tra annunzi e smentite, dalla catena del Corrasi si profila la dolina di mister Tiscali, ossia dell’imprenditore-di- successo incarnato da Renato Soru.
Il quale fa sapere allo stremato popolo delle spiagge che, se si candida, presenterà un suo menù ai cristalli liquidi. Non trascura, come si addice a un homo novus di accusare i vecchi partiti e, subito dopo, secondo rito, smentire. Restiamo pur sempre sul classico, o no?...
E arriviamo al 24-25 settembre: La maratona d’agosto dev’essere costata uno stress mortale ai nostri politici, perchè dalla calza di una befana piuttosto anticipata ma munifica sempre, salta fuori una generosa ricompensa.
In breve: una delibera dell’ufficio di presidenza del consiglio regionale sancisce agli stressati da servizio una pensione privilegiata ed equo indennizzo per invalidità contratta per causa di servizio. Tombola!...
Il quale indennizzo, volgarizzato in euro-spiccioli, si tradurrebbe in alcune centinaia di migliaia di monetine. Oltre a un vitalizio di dieci o dodicimila Euro al mese vita-natural-durante e finché morte non li separi.
Non molto, se si considera il magro stipendio di un consigliere regionale, a mala pena dieci volte superiore a quello di un pubblico dipendente. Insomma: una vecchiaia da cane, giocata a briscola e scopa per tirare su qualche bicchiere.
Capolista degli stressati e/o invalidati per servizio, giusto il presidente dello stesso ufficio, una faccia non nuova dell’irredentismo sardista.
Per un qualche diritto di prelazione, credo. In questa goyesca romeria di disastrati non può che seguire aggrappandosi al bastone del moro Efisio il nero Italo e via via strada facendo per Sant’Iago, peregrinando per la via lattea, altri quattordici miracolati. Da Alleanza nazionale a Rifondazione comunista-del-conto-in-banca, raccogliendo dalle cunette margherite e democratici di sinistra, forzisti d’Italia e ex-crociati variamente riciclati.
Maggioranza e se-dicente opposizione unanimi nella truffa. Quando si tratti di danari, non c’è nessuno che arricci il naso o si mostri delicato di stomaco: “…il ventre largo, e unghiate le mani” - Inferno, VI,17.
Ma per carità verso gli invalidi: che nulla trapeli. Le decisioni adottate di recente dallo stesso Ufficio, a maggioranza, nonché gli atti, devono essere considerati riservati, in considerazione della loro natura di estrema rilevanza per la sfera personale dei soggetti interessati. Vale a dire, parlando da cristiani: siamo invalidi, stressati a morte per causa di servizio, ci cucchiamo quatti quatti una super indennità da grassatori, ma che non si violi la nostra privacy. Capito, numerico, per chi hai votato?
Quanto più si pubblicano leggi e decreti, tanto più si moltiplicano ladri e briganti. Così, al capitolo LVII, recita il Tao.

Ancora e sempre arcani. Top secret. Misteri.
Che poi questa armata di famelici canes de istègliu conti al banchetto nazionale meno del due di briscola, è quotidiana esperienza. Un posto sotto la tavola, qualche osso intinto nella salsa dell'autonomia.
Ben che vada, in grazia delle nostra stabilità geologica, dell'isolamento, della sempre più evanescente densità demografica, essere promossi al primato di cesso nucleare. E fare carta straccia, all'occorrenza, delle leggi regionali in merito. Meritiamo di meglio?
A rischio di ingenuità, potrei anche aggiungere che, forse, non si danno coalizioni politiche sostenibili, nazionali o regionali che siano, se disgiunte dall'etica. Per questo un uomo politico che sia pulito è talmente raro E giusto questo binomio - Etica / politica - resta il solo ancora in grado di identificare una comunità umana meno fumosamente di qualsivoglia Festa de sa Sardegna, o consimili panzane resistenziali e identitarie. Si, potrei aggiungerlo.
Ma non sarebbe politico. La politica non ha mai amato la cultura, perchè ne interpreta l'evidente alterità a proprio modo, ossia politicamente. Se non riesce ad addomesticarla, utilizzarla, asservirla, la confina e la bandisce.
Mai come in questi ultimi anni, forse, la Sardegna ha conosciuto uno stato di grazia così ricco e creativo: cinema e arti figurative, narrativa e poesia, musica e arti plastiche... E mai come in questi anni ha toccato un così basso livello, ai limiti del laido, sul piano politico.
Quasi la produzione artistica fosse inversamente proporzionale all'imbarbarimento della vita politica, al suo perpetuarsi vegetativo. Dove il confronto politico si degrada, riducendosi a pura finzione, privilegio e gioco delle parti, la vita marcisce: la società precipita nella confusione e nell'apatia e tutto risulta inquinato e corrotto.
Belletto, immagine, spettacolo. Vice-versa, una società così nevrotizzata non farà che perpetuare il disastro: identificandosi in una politica ridotta a partito personale, a faccenda e interesse privato, non farà che riprodurre questi idoli della tribù in un circuito vizioso senza fine. Non a caso - si dice - ogni paese ha i governanti e gli uomini politici che si merita.
Ma ad essere convocati al bar delle responsabilità - in bànku 'e rè os -, in Sardegna, non dovrebbero essere i politici soltanto, trombettieri di nuove e miracolistiche costituenti. Vista la buona riuscita delle vecchie...
Dovrebbero essere convocati, come ha fatto Mannuzzu in queste pagine e altrove, e Marco Mostallino in Società sarda di qualche anno addietro - 3° quadrimestre del'98 - anche o soprattutto i nostri proteiformi intellettuali e il loro assordante silenzio.
Dovrebbero essere i nostri chierici dell'abiùra i quali, per frodare e tradire, non hanno mai aspettato che il gallo si risolvesse a cantare per la terza volta. Mànku sa 'e trèse...
Così, i professori tacciono. Così preoccupati e occupati come sono tutti, oggi, a smanettare attorno a premi e borse e cattedre davvero singolari: resistenti cadrèghe di limba. Eh, su 'inàri... su 'inàri... Ma non c'è da volergliene.
Tutto sommato, resistono stoicamente nel loro elemento: il foraggio della cattedra è il più adatto per dei ruminanti - Parerga, ¤ 253 -. Vai a sapere, poi, se a incominciare dai propri figli, nell'intimità delle mura domestiche, nell'inviolata privacy, con loro parlano e comunicano in limba...Saperlo...
Tacciono, i professori. Mentre fuoco e arsura, saccheggio e devastazione di anno in anno acquistano vigore. Circondano, assediano e invadono i centri urbani. Crescono spaesamento e angoscia territoriale, depressioni e desolazioni umane. Megadiscariche di sostanze tossiche e cancro. Follia...
E mai nessuno che paghi. Ricordarsi appena di ricordare l'Enichem di Porto Torres, la moria di ogni vita marina, lo stagno trasmutato e cresciuto in collina, la morte di ogni segno di vita, il deserto... E nessun politico che sollevi un dito. E mai nessuno che apponga un sigillo. Indifferenze, omerta, silenzi, condoni... Annoiati e seccati, ci si limita a biascicare che, tanto, da tempo si sapeva. Ora, come una persona appena sensata sia disposta a farsi babbionare accordando fiducia a simili accolite di furfanti, resta l'arcano maggiore di questa partita di tarocchi senza fine.

Come risalire, e come uscire, dai piani bassi di questa politica? Dal momento che la redazione di Nuoro oggi si è arrischiata pericolosamente a chiedermi insieme a spunti di riflessione anche un qualche progetto per la Sardegna, per chiudere questo ingenuo contributo di un impolitico, una modesta proposta ce l'avrei. Questa:
Caricare in blocco i politici su una barca. E farli salpare - non senza una congrua maxi-pensione per il servizio prestato a se stessi -, alla volta dell'Isola dei Morti. Ne risulterebbe un bel quadro alla Brocklin. Se non si trattasse di un campo elisio ancora troppo idillico e soleggiato per questo cafàrnao, questa cananèa di perros apagados. Cani spenti. Quanto a te, speranzoso elettore, non altrimenti mai connotato che come l'uomo-della-strada, quasi fossi un battòne da tre soldi, e tuttavia circuito quanto basta fino al momento di scipparti un voto per essere subito dopo abràso dalla memoria degli eletti e dalla faccia di questa terra, non avere fretta. Non essere precipitoso. Sosta appena un momento In limine e: Cerca una maglia rotta nella rete che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!
NUMERO /3
Anno 2003, n. 3
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