Tenendo sullo sfondo i possibili rimedi (tentativi di riforma) sembra che, fino a questo momento, alla luce dei dati, nel panorama complessivo degli esiti formativi, in termini di qualità, non si è registrato alcun segno degno di nota.
Pertanto la razionalizzazione, nata come spinta propulsiva di innovazione, ha fallito nei suoi assi portanti: qualità ed efficienza. Anzi, col tragico risultato che ora ci troviamo con meno scuole che continuano a funzionare male.
Ciò che ha caratterizzato tutta l'operazione è stata da una parte la miopia della classe politica locale, ancorata al trespolo della salvaguardia dello status quo e dall'altra le sempre più imbarazzanti posizioni del governo centrale che, sotto la spinta del mero risparmio, non aveva un piano organico, mirato alle varie realtà nazionali.
Così il tempo è trascorso in un continuo rimbalzarsi le responsabilità fra amministratori locali e organi periferici del Ministero della Pubblica Istruzione.
Inoltre, il crollo demografico ha fatto il resto.
Il dramma è che non si esce da questo imbuto se non si cerca di capire la portata delle trasformazioni in atto e se non si predispongono le risposte, finalizzate alle peculiarità del territorio. Purtroppo si è ancora in una fase di letargo e gli esiti formativi e gli aspetti qualitativi della scuola secondaria superiore, nella nostra Provincia, non sembrano ancora interessare nessuno.
In sintesi, il modello adottato, la deroga, si è mostrato fuorviante e troppo consolatorio, in quanto non presupponeva scelte innovative e radicali, ma tendeva, nelle sue linee generali, ad una difesa strenua dell'esistente, tout court.
Sono mancati gli studi per poter sperimentare altre soluzioni che portassero a scelte significative e che dessero garanzia di esiti. Un po' come se, smarrita la strada maestra, anziché scegliere la più difficile, si è scelta quella più facile.
Con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Si ripropongono alcuni elementi di riflessione.
Nel quinquennio, i nostri giovani delle scuole superiori di secondo grado frequentano due anni in meno dei coetanei di altre realtà.
È noto a tutti che la maggior parte delle scuole della Provincia per il problema dei trasporti, da sempre insoluto, non consente uno sviluppo regolare dell'orario delle lezioni. Infatti anche qui si adotta l'istituto della deroga, per cui le ore anziché di sessanta, sono da cinquanta minuti. Rapido calcolo: 1 ora in meno al giorno; - 7 ore alla settimana; - 4 giorni al mese; - 32 giorni all'anno; - 160 giorni nel quinquennio (validità anno scolastico minimo 200 giorni).
Inoltre pur esistendo una larga banda di oscillazione delle assenze fra i vari istituti, viene rilevato che mediamente ogni alunno non va a scuola per 42,45 giorni all'anno. Anche qui semplice calcolo: in 5 anni si registrano 212,25 giorni di assenza.
È mancata, insomma, una progettualità che uscisse dai soliti canoni del tornaconto politico becero, che alla lunga non ha e non poteva pagare, se non in termini negativi. Questo immobilismo politico, oggi, lo stiamo pagando con gli interessi.
Nonostante tutto, permangono, forse, alcuni margini per recuperare la perdita di senso che in questi anni ha caratterizzato tutto il processo.
In via prioritaria si pone, da un lato, l'esigenza di una ridefinizione della rete scolastica secondo un modello pedagogico e strategico del tutto nuovo, che risponda in modo adeguato alle improcrastinabili esigenze formative e, dall'altro, l'urgenza di una rigeografizzazione della rete scolastica non in termini quantitativi ma qualitativi.
Rigeografizzazione da intendersi non come centralizzazione delle scuole, ma ridistribuzione mirata, per poli che permettano la coesistenza di diversi indirizzi di studio, nel territorio.
E qui entrano in gioco gli Enti Locali che devono farsi carico, una volta definiti i bacini d'utenza e i protocolli d'intesa, del problema dell'accoglienza e del diritto al successo nello studio dei loro amministrati, predisponendo un consorzio di trasporti funzionali agli orari delle lezioni che consentano agli studenti di vivere in modo pieno e armonico l'esperienza scolastica, senza sradicarli dal proprio centro d'origine. Sarà forse la volta buona per sciogliere nodi storici, lasciati irrisolti per intere generazioni di studenti.
Pertanto ogni polo dovrebbe dotarsi di una sorta di student town, che, di supporto all'azione didattica, sia punto di riferimento per gli studenti, ma anche valido strumento di prevenzione contro le devianze. Certo, non sarà solo questo a portare a livelli di eccellenza la scuola secondaria superiore, ma intanto sarebbe già un modo di uscire da un pantano consuetudinario, che ci ha relegato da sempre agli ultimi posti nelle graduatorie degli esiti.