2) I raffronti tra l’ieri e l’oggi rischiano sempre di essere venati di retorica e rimpianto. Credo che l’ieri della Barbagia sia l’oggi. È aumentato il benessere, la qualità della vita e dei consumi ma manca una coscienza civile. Ciò non significa che il barbaricino è cattivo. Semplicemente si vuole dire che manca una società civile capace di organizzarsi, di camminare con le proprie gambe, di maturare forme di tutela, di arginare e sanzionare comunitariamente le devianze. Gli amministratori pubblici sono diventati bersaglio di ogni malumore e ripicca personale senza che abbiano una reale solidarietà neanche all’interno dei loro stessi partiti. Quando manca la politica resta la miopia dell’esclusivo interesse personale. Pensando all’ieri ricordo di aver conosciuto stagioni di grande passione e proposta politica, dove le idee mobilitavano intere comunità. Si lottava per un riscatto sociale: oggi si combatte, nel migliore dei casi, per sopravvivere. Schematicamente però mi sembra che sia ieri che oggi la Barbagia sia priva di una vera società civile e quindi di un reale partecipazione alla vita e alle scelte della polis.
3) Il limite lampante è nella farraginosità dell’agire, del costruire. Parliamo a non finire ma non arriviamo al dunque, alla fase operativa. Le nostre emergenze sono oggetto di dotte trattazioni ma non di interventi concreti. Mi dà l’impressione che in troppi si nutrano di tali emergenze e non abbiano interesse a risolverle.
La logica della vendetta e della faida la si vince se si pone una credibile alternativa, non solo morale ma anche pratica. Ci sono troppe vittime cui è negata la giustizia, troppe violenze impunite; troppa arroganza subita. La quasi totalità degli omicidi barbaricini ha la pastorizia come sorgente o come orizzonte. Quando ci sarà una pastorizia “normale” avremo anche una società normale.
4) La priorità è quella di non prenderci in giro. Perché ci stiamo prendendo in giro moltiplicando provincie, comunità montane, enti, consorzi e simil-carrozzoni. Nel frattempo la gente fugge verso le coste lasciando le zone interne alla propria desolazione e alle sue esasperazioni. Vanno via le forze dinamiche e restano i vecchi e i bucanieri ossia coloro che dalla dipartita degli altri ricavano un vantaggio per sé. E si va via senza rimpianti, destinati a non tornare indietro. O meglio si fa ritorno per essere sepolti nelle troppe tombe di famiglia che come le case vuote sono l’essenza antropica dei nostri paesi.
Aveva ragione Ciampi: chiamatemi di nuovo a Nuoro quando avrete risolto uno dei vostri problemi.