Anche in queste realtà sono tanti i sostenitori della “risorsa ambiente” come occasione di sviluppo. Non una risorsa ambiente legata esclusivamente al cantiere forestale, ma nella sua accezione più ampia, capace di mettere in moto alcuni meccanismi di sviluppo (v. turismo) che possano nel giro di pochi anni cambiare il volto ad alcune aree che, secondo altri benpensanti, sarebbero invece condannati alla marginalità.
Certo, il cantiere forestale costituisce una buona base di partenza. Nei territori marginali e degradati è necessario un intervento di sistemazione idraulico-forestale, tanti boschi necessitano di cure colturali, dal punto di vista ambientale è necessario in definitiva rendere il territorio presentabile agli occhi del visitatore.
Altro aspetto non secondario - che in termini socio-economici non guasta - è che questo tipo di intervento dà risposte immediate sul versante occupazionale. I cantieri forestali, infatti, in molti comuni costituiscono veramente la fonte di reddito più importante ed esclusiva.
Se si considera poi che la creazione di un posto di lavoro in questo settore costa meno che in altri, non si può parlarne - come fenomeno sociale - che in termini positivi.
Dal 1990 in poi c’è stata una rincorsa da parte di molti sindaci alla cessione dei propri terreni comunali - giustificandola in prima battuta come intervento a salvaguardia del proprio patrimonio ambientale - per avere buone ricadute in termini occupazionali.
Fin qui sembrerebbe tutto normale: in comuni condannati allo spopolamento progressivo si riesce in qualche maniera a ridurre il fenomeno. Sono tanti infatti i giovani che non trovando lavoro in loco hanno ripreso la via dell’emigrazione.
Sicuramente gli aspetti positivi prevalgono di molto su quelli negativi, ma tutto ciò non è sufficiente a sedare il malessere diffuso tra i nostri giovani, innanzitutto perché il cantiere forestale, rimanendo tale, da solo fornisce risposte parziali; in definitiva è impensabile che solo il cantiere possa accontentare tutti i disoccupati di un comune.
Nasce da qui la battaglia tra i sindaci da una parte, che cercano di accontentare molta più gente possibile ricorrendo alle turnazioni semestrali, e i sindacati dall’altra, che cercano di garantire la stabilizzazione dei posti di lavoro avvalorando chiaramente il classico fenomeno della coperta troppo corta.
Poiché, se anche si tornasse alle turnazioni trimestrali degli anni ’70 e primi anni ’80 il fenomeno della disoccupazione non verrebbe risolto, è facile quindi prevedere in questa logica, e per tutte le ragioni suesposte, che oltre agli aspetti positivi su indicati si creano gravi situazioni di malessere e di disagio sociale. Gli Uffici del Lavoro e le altre Istituzioni per governare questi fenomeni hanno fatto talvolta sforzi sovrumani, innovando e interpretando spesso con fantasia le norme vigenti. Questo ha comportato incomprensioni soprattutto da chi invece avrebbe dovuto essere più vicino alle istituzioni nel rispetto delle leggi.
È quindi chiaro che sovente si creano situazioni conflittuali tra i diversi soggetti con responsabilità diverse e se qualcuno non si assume le proprie, cerca di scaricarle sull’altro. In questa situazione complessa e difficile, i sindacati di categoria sono spesso come in regime di “frontiera”, dei parafulmini. La gran parte delle tensioni viene scaricata sul sindacato solo per avere l’ingrato compito di essere presenti nelle commissioni di collocamento, come previsto dalle leggi.
Un simile impegno diventa molte volte scoraggiante: spesso le decisioni comportano solo disagi e non gratificazioni, pur tuttavia l’arrendevolezza non è il nostro moto. Questo non significa che noi abbiamo la vocazione al “martirio”, non è questo il problema, ma un impegno difficile, in un territorio difficile deve essere commisurato in base alle proprie responsabilità.
Le battaglie per il lavoro vanno fatte per uno sviluppo sostenibile, non è più pensabile accettare la logica di prendere ciò che passa il convento.
Nel settore ambientale e forestale dovremo fare ogni sforzo affinché si esca definitivamente dalla condizione assistenziale in cui il settore è stato relegato sino ad oggi. La legge di riforma e di istituzione dell’Ente Foreste della Sardegna va nella giusta direzione. Non più settore forestale, con i suoi cantieri di lavoro fini a sé stessi, bensì parte integrante della risorsa ambiente.
Infatti in alcuni paesi delle zone interne cominciano a vedersi segnali positivi nello sfruttamento della stessa.
Se sapremo cogliere e vincere questa difficile sfida, probabilmente coglieremo anche quelle soddisfazioni legate all’impegno profuso in queste battaglie; anche sul versante del riconoscimento e del rispetto del principio di legalità nelle nostre comunità.
Segretario Generale Fai-Cisl.
Michele Fele è stato oggetto di attentato
