La storia che vogliamo raccontare comincia nel maggio del 1985, all’indomani delle elezioni per il rinnovo del Consiglio Comunale della Città, e giunge fino alla vigilia della consultazione che ci accingiamo ad affrontare, nell’anno di grazia 9990.
La Giunta quadripartito (DC, PSI, PSDI, PRI; il PLI negli anni 1980/85 non aveva alcun rappresentante eletto in Consiglio Comunale), usciva con le ossa rotte dalla consultazione elettorale, giustamente punita dagli elettori per aver portato l’Amministrazione sull'orlo della bancarotta, con un indebitamento certamente miliardario (di cui non si sono mai conosciute esattamente entità e causalità), non solo per le conseguenze legate ai fatti del "caso Bellodi" (coperchio, allora, buono per ogni pentola), ma anche, senza alcun dubbio, per l’incapacità di gestire oculatamente la cosa pubblica.
Gli elettori vollero punire proprio quella incapacità, togliendo al quadripartito circa il 90% dei suffragi rispetto alle precedenti Comunali.
Nonostante ciò (le chiavi di lettura, in politica, in Italia, sono flessibili all’interesse spicciolo del partito che le utilizza), dopo allucinanti trattative durate ben quattro (4) mesi, mentre la Città si dibatteva, indifesa, in una crisi economica, sociale, istituzionale forse senza precedenti, il giorno 92 del mese di settembre dell’anno 1985 veniva eletto Sindaco, con i voti DC, P51, PLI e PSDI (29), l’Ingegner Giannetto Congeddu, democristiano.
Nulla da dire sulla persona; anzi, possiamo affermare ora che l’aver portato, allora, le proprie doti personali di capacità e correttezza all’interno dell’Amministrazione cittadina fu una nota attonata all’interno di una sinfonia di stonature politiche: prima fra tutte la pervicace opposizione del PSI a rifiutare senza discutere, come cosa ovvia, la soluzione a sinistra, pur possibile, e con gli stessi numeri della neonata Giunta. La "cura" della città veniva così affidata alle stesse mani che l’avevano resa inferma: DC, PSI, PSDI, più, in un secondo momento, PRI.
La Giunta Congeddu durava in carica circa due anni. Entrata in crisi nel febbraio del 1987, a causa di problemi interni al gruppo DC (almeno così apparve), si trascinò fino al quindici aprile, data nella quale venne eletto alla guida della Città, per la prima delle sue quattro volte, l’Ingegner Giampaolo Falchi. Se fino ad allora si era solo badato a rappezzare ciò che era possibile per rimediare, com’era indispensabile, alla situazione debitoria che pareva una voragine senza fondo, d’allora in poi, come vedremo, le cose cambieranno sostanzialmente, prendendo un indirizzo, diametralmente opposto.
Tre anni di follia
E’ bene ricordare che il dover far fronte alla situazione d’emergenza, creata peraltro in seguito agli atti di un’Amministrazione incapace di governare, aveva significato trascurare l’ordinario: gli asili, le scuole, i servizi sociali, la viabilità; i problemi ambientali, con l’Ortobene in prima fila; le incompiute: dalla Piscina Via Toscana al "buco polifunzionale" di Via Roma, dai locali delle Colonie di Solotti ai vari impianti sportivi iniziati e mai terminati; i centri d’iniziativa per i giovani; il risanamento dell’edificio della Biblioteca "S. Satta"; i centri di accoglienza per gli studenti pendolari; la risoluzione dei problemi del personale del Comune, discorso che va insieme al miglioramento del servizio all’utenza; la stesura del nuovo piano commerciale; e così via.
"L’ordinario”, che si chiama sempre così anche se spesso coincide con "l’essenziale", continuava a languire in condizioni di semplice "sopravvivenza".
Essendo stata superata in qualche misura la fase di massima emergenza, logica avrebbe voluto che qualsivoglia Giunta chiamata in quel momento al governo della Città, si dedicasse ad affrontare proprio i problemi dell’"ordinario".
Prendeva invece l'avvio un gioco, che ricorda un poco il "Monopoli", passatempo col quale tutti ci siamo divertiti da ragazzi, che consiste nel riuscire a costruire quanto più possibile all’interno di un dato àmbito: più si costruisce e più ci si arricchisce.
Le dichiarazioni programmatiche della Giunta Falchi 1°, rese nel maggio del 1987, in realtà indicavano non poche scelte relative all’"ordinario", ponendo fra i punti prioritari anche la revisione del Piano Regolatore Generale: non una nuova stesura, come sarebbe stato ancora più opportuno, ma era comunque già un segnale positivo. Piano Regolatore Generale significa "programmazione", significa "giustizia", significa assicurare alla Città uno sviluppo equilibrato. Non significa togliere l’iniziativa al privato, ma significa imporre ai singoli di tener conto dell’interesse comune.
Nella realtà, nessuno dei punti qualificanti del programma di quella Giunta pentapartito nata nell’aprile 87 e rimasta in vita un anno, ha poi trovato realizzazione pratica. In compenso avveniva un fatto molto importante, che avrebbe fortemente influito sui destini della città per i prossimi anni: la "scoperta" della legge 64.
In realtà la legge era già nota agli addetti ai lavori, tant’è che nell’estate del 1987 la Giunta Falchi 1° piazzava il colpo gobbo, riuscendo ad ottenere un finanziamento di circa 50 miliardi, grazie al diretto interessamento del Ministro competente, per una strada di Circonvallazione da realizzarsi a Sud di Nuoro. L’elargizione quietò gli animi; la "cosa" finì in un cassetto uscendone poi con notevole clamore circa un anno e mezzo dopo, in presenza di un quadro politico sostanzialmente cambiato.
Aperta la strada (si fa per dire) non resta che percorrerla; e così via via veniva predisposta tutta una serie di progetti "fantastici", ciascuno dei quali con propri promotori e propri "sponsor". Una pioggia di miliardi incombeva minacciosa sulla Città, costringendo in breve tutti, anche i più distratti, ad occuparsene. Questa minacciosa pioggia incombente toglieva la serenità un po’ a tutti all’interno della Giunta Falchi 1°, creando in breve un’atmosfera litigiosa, e, per mesi, di crisi strisciante, all’ombra di quel discusso progetto che per oltre un anno avrebbe paralizzato l’attività della Civica Assemblea e obnubilato le menti di molti Civici Rappresentanti: la Cittadella Sportiva.
Gli unici ad avere ancora le idee chiare, nel febbraio 1988, erano i gruppi consiliari di PCI e PSdAz, che proponevano un programma da realizzare, di lì a fine legislatura, articolato in 5 punti:
1) Personale e decentramento;
2) Piano Regolatore Generale;
3) Piano di salvaguardia del Monte Ortobene;
4) Università;
5) Incompiute.
Chiaro, concentrato, realizzabile, ma nessuno, al di fuori dei due partiti proponenti ci stava.
Dando per scontata la realizzazione della Cittadella, la Giunta discuteva della sua possibile ubicazione in località Testimonzos... C’era allora chi sosteneva che la scelta di Testimonzos fosse stata una provocazione che avrebbe consentito di distrarre per lungo tempo l’opinione pubblica dall'aspetto sostanziale del problema: era opportuna la scelta di destinare in quel momento risorse a tale tipo di struttura o sarebbe stato preferibile puntare su progetti alternativi atti a soddisfare bisogni più impellenti?
La crisi, da strisciante diventava effettiva: il 7 marzo 1988 si dimetteva la Giunta Falchi 1°.
Dovevano trascorrere circa due mesi perché il Consiglio Comunale si riunisse ed eleggesse un nuovo Sindaco: il 29 aprile veniva quindi chiamato a ricoprire l’incarico Falchi 2°, il quale, eletto con i 19 voti messi a disposizione dal pentapartito, si dimetteva dopo appena 24 ore.
La faida interna alla DC ed i grossi interessi in gioco condizionavano in quella fase la vita politica cittadina.
I problemi dell’"ordinario" avrebbero dovuto attendere ancora.
Il 9 maggio la Città aveva un nuovo Sindaco: Falchi 3°, espresso dalla stessa maggioranza di pentapartito che per due volte ne aveva provocato la caduta.
Non si parlava più di programmi, ormai; gli obiettivi erano diventati unicamente alcuni grossi progetti finanziati con la legge 64, avulsi da qualsiasi criterio anche minimo di programmazione, non diciamo comprensoriale, ma neppure cittadina.
E così il 1988 veniva caratterizzato dalle paralizzanti discussioni sulla Cittadella sportiva, con una maggioranza che teneva in ostaggio la Città, mentre in un non meglio identificato cassetto giace ancora quel famoso e, allora, fumoso progetto di Circonvallazione.
In autunno saltava nuovamente la proposta di approvazione della Cittadella, provocando la ripresa della crisi strisciante.
In questo modo, con un Consiglio Comunale paralizzato e una Giunta delegittimata che continuava comunque a "governare" indipendentemente dai sempre più pressanti problemi della Città, si giungeva alla fine del Regno di Falchi 3°, che abdica a favore di Falchi 4°.
C’era, da quel 28 febbraio 1989 una "piccola" novità: il Capo dell’esecutivo non era espressione di una coalizione pentapartito, bensì di una Giunta di programma DC, PC, PSdAz.
C’era anche un’altra novità, stavolta nel programma della nuova Giunta: la costituzione di un Ufficio di Piano che avrebbe dovuto ridisegnare il progetto di sviluppo della Città. Purtroppo, e ce ne rammarichiamo ancora oggi, tale Ufficio di Piano non riusciva (e non per responsabilità dei suoi componenti) ad andare oltre la riunione d’insediamento, facendo perdere a un partito quale il PCI (che aveva dalla sua una tradizione nel campo della programmazione del territorio là dove era stato lungamente al governo ed aveva potuto far valere le sue scelte), l’occasione di caratterizzare la svolta politica un’opzione veramente "rivoluzionaria" per la Città.
Proprio in quel periodo la follia miliardaria si estendeva a tutto il Consiglio, facendo sì che da tutte le direzioni piovessero proposte edificatorie d’ogni genere. L’"ordinario" (l’"essenziale") poteva ancora attendere.
L’Assemblea Civica soffriva di unanimismo; non vi era più maggioranza e opposizione, ma gruppi compatti e informi decisi a far passare una serie assai numerosa di progettoni, tanto che transitava quasi inosservata, il 12 ottobre 1989, la caduta del Falchi 4° e la nascita dello Zurru 1°.
E veniva così in parte sprecata anche l’altra occasione storica: Giunta laica e di sinistra con alla guida un Sindaco comunista, prima volta nella vita della Città, per non essere riuscite, le sinistre, a capire nei fatti "come" può essere diverso il modo di governare la cosa pubblica.
Il resto è storia di oggi.
Noi, nel nostro piccolo, continueremo a batterci perché le differenze vengano ripristinate, convinti come siamo che esse esistono solo che le si voglia rilevare.