“Ventidue mesi erano passati senza portare niente di nuovo e lui era rimasto fermo ad aspettare, come se la vita dovesse avere per lui una speciale indulgenza. …” scrivevamo sul n°4 di Nuoro Oggi nel giugno del 1996, pescando da Il deserto dei tartari di Dino Buzzati.
Il richiamo era per la giunta Forteleoni che, a nostro giudizio, dopo circa un anno di regno non aveva dato segnali di esistenza in vita.
Nella fattispecie sono trascorsi appena sette mesi, ma vi sono alcuni elementi che rendono più vibrante l’attesa, più pressante l’esigenza di intervenire in una città sbandata economicamente, socialmente, culturalmente.
Un fatto è che questa amministrazione arriva dopo un anno di commissario e quattro anni di aspettative non realizzate. Ciò che è stato prima non è certo attribuibile a chi è arrivato da qualche mese, ma chi si piglia un’eredità deve sapere, e certamente sa, che questa è fatta di attività e passività, e non si possono accettare le une e scartare le altre (onori e oneri).
Un altro fatto è che a distanza di sette mesi ancora non conosciamo i programmi di questa giunta.
Abbiamo avuto modo di sottolineare già prima della presentazione delle liste che ci pareva piuttosto bizzarro mettere insieme elenchi di persone, di estrazione politica non meno composita del solito, per mandarle a governare per cinque lunghi anni, e dunque a far scelte importanti e irreversibili, su mandato di elettori che non avevano la più pallida idea di come si sarebbero concretizzate queste scelte.
E non son tempi di mandati in bianco.
I temi sui quali ciascuno di noi elettori potrebbe avere delle sorprese non sono pochi e neppure irrilevanti per la città.
Ad esempio, la definizione del PUC (Piano Urbanistico Comunale). Se l’Arch. Portoghesi non avrà già perso la pazienza, bisognerà pure arrivare a qualche conclusione, anche perché questi anni di studio e di indagine saranno certamente già costati alcune centinaia di milioni; e se ai soldi sommiamo gli anni persi in termini di mancata programmazione, abbiamo come si vede una Città che continua ad andare alla deriva.
Ma, se PUC deve essere, che PUC sarà? Sarà perlomeno il caso di aprire una riflessione pubblica tempestiva, anziché una meditazione postuma?
Ad esempio, la questione dell’abusivismo, che può si rientrare nel PUC, ma che non può attendere i tempi lunghi del PUC.
Ma, anche su questo tema, dobbiamo dire con sincerità che al momento noi elettori non sappiamo quali siano le idee e le intenzioni pratiche degli eletti.
Potrebbe verosimilmente verificarsi che io elettore abbia mandato a rappresentarmi un pool di amministratori che realizzerà esattamente il contrario della mia aspettativa.
Ad esempio, le scelte di politica culturale. È che siamo parte in causa e non lo possiamo fare, ma se dovessimo basare il nostro giudizio sulla dissennata conduzione della questione Parco Letterario Grazia Deledda, ne sortirebbe una bocciatura senza appello con tanto di zucche e berrettini con le orecchie d’asino.
Ma non lo possiamo fare; e poi, noi italiani siamo buonisti e concediamo sempre la prova d’appello.
Ad esempio …
Ma, la sostanza è: ormai siamo in barca, anzi nella stessa barca. Se il nocchiere ci comunicherà la rotta, potremmo almeno remare o, in caso di disaccordo, farci un (laico) segno della croce.