Qualunque gioco di parole noi consideriamo scopriamo che esistono varianti e modelli che si moltiplicano con estrema facilità.
Il gioco in quanto gioco punta sulla destrutturazione linguistica come orizzonte giustificativo.
È chiaro che non può tenersi fuori dal gioco: la sregolatezza che propugna le si rivolta contro con altrettanta semplicità e immediatezza. I giochi di parole sono così tutti parenti e accoppiandosi creano strani ibridi.
Innumerevoli quanti sono i giocatori. Ci sono è vero sempre dei vincoli: se non ci fossero non potrebbero essere all’origine di alcuno svincolamento.
La regola dura il tempo del gioco: appena finito si sottopone alla feroce critica del ripensamento. prendiamo in considerazione uno dei giochi di parole più conosciuti. il Logogrìfo.
Giampaolo Dossena nel suo “Dizionario dei giochi” (edizione Vallardi da cui traggo anche gli esempi) lo definisce proprio a partire dal concetto di ibridazione, riferendosi a giochi simili. Il gioco sostanzialmente consente di ricavare da una parola altre parole rimescolando di volta in volta alcune lettere che la compongono. Negli anagrammi il vincolo è quello di rimescolare tutte le lettere che compongono una parola per ottenerne un’altra, senza escluderne o aggiungerne alcuna.
Esempio: dalla parola TEMPESTA si possono ottenere stampe, testa, estate, pesta, pesate, pestate, mesta, saette, matte, sette, paste, attese, esatte e altre.
Nel logogrìfo c’è una maggiore libertà compositiva. Questa libertà consente di elaborare strategie ludiche, individuali o di gruppo, delle più diverse. facciamo un esempio.
Una variante può essere giocata da un certo numero di persone. Si deve individuare una parola “madre” che contenga un numero di lettere superiore a sei; ognuno dovrà elencare a partire dalla stessa parola il maggior numero di parole possibili, che chiameremo “figlie”.
Le lettere possono essere usate in qualsiasi ordine, ma in una parola figlia si può usare una certa lettera solo per il numero di volte che compare nella parola madre.. In generale non si ammettono parole con meno di quattro lettere, nomi propri, abbreviazioni e plurali.
Si possono assegnare anche dei punteggi: 4 punti per ogni parola di 4 lettere, 5 punti per ogni parola di 5 e così via; e in questo modo realizzare dei tornei.
Il gioco può essere reso più divertente se la parola madre non ha valore neutro. Partendo dal nome di Silvio Berlusconi c’è di che rendere spassoso il gioco.
In un’altra interessante variante, sconfinando sempre di più nell’enigmistica, si possono elaborare indovinelli la cui soluzione è data da una parola madre e da una serie di parole figlie. Le figlie devono essere tante quante sono le lettere che compongono la madre.
In ambito compositivo e poetico si possono realizzare le cose più diverse. Ersilia Zamponi, che ha lavorato molto con i bambini, ha realizzato diversi logogrìfi. Citiamone uno (la parola madre è un nome-cognome, Isabella-Rinaldi, ancora dal libro di Dossena):
L’abile sibilla
bada alla sillaba
nella risaia
la rana si sdraia, nella salina
si allena
la ballerina.
Nel “logogrìfo acrostico” le iniziali delle figlie ricostruiscono la madre. come nell’esempio di TEMPESTA:
Testa
Estate
Matte
Pestate
Esatte
Saette
Testé
Attese
Il logogrìfo discendente lavora per scarti di lettere che però possono essere riutilizzate con gli scarti successivi; un esempio con la parola madre PARADOSSI:
paradossi
paradiso
diaspro
sapori
spada
raso
ara
io
o
Il gioco può essere reso più complicato in mille modi diversi. Ma la cosa più divertente è inventarseli e misurarsi con i limiti che ciascuno inventa per sé e, perché no, anche per gli altri.