In questi giorni è una domanda che mi viene rivolta spesso. I cittadini sono allarmati e frastornati dalle notizie apparse sulla stampa, che hanno provocato quasi una psicosi per il problema cosiddetto della mucca pazza.
A questa domanda si potrebbe rispondere con altre domande: l’acqua che arriva nelle nostre case è sicura? L’acqua utilizzata per innaffiare gli ortaggi che consumiamo è sicura? Gli alimenti di derivazione industriale, che sempre più monopolizzano le nostre tavole sono sicuri?
Potremmo continuare con le domande, ma proviamo a dare delle risposte basandoci su quelle che sono le attuali conoscenze scientifiche e le norme che regolano l’attività dei controlli fatte dai Servizi Veterinari delle ASL Le disposizioni normative che regolamentano la macellazione dei bovini prevedono che l’allevatore che porta un capo di bestiame al macello dichiari per iscritto di non aver usato farine animali per l’alimentazione dei bovini, essendone vietato in Italia l’uso dal 1994.
Tutti i capi bovini vengono visitati dal Servizio Veterinario nel corso delle visite che periodicamente vengono fatte nelle stalle al fine della registrazione degli animali e dei controlli sanitari periodici. Sempre nelle stalle vengono fatti i prelievi di mangime per controllare il rispetto del divieto di somministrazione di farine animali. I controlli fatti in Sardegna hanno sempre dato esito negativo.
Tutti i capi vengono visitati prima della macellazione per escludere da essa animali che presentino sintomi di malattia o di altri fattori che li rendano non idonei al consumo umano.
Dal 1998 da tutti i bovini macellati, che hanno superato i 12 mesi di età, provenienti da Paesi a rischio come la Francia vengono asportati e distrutti, mediante incenerimento, il cervello, il midollo spinale, le tonsille e una parte dell’intestino. Dal primo ottobre 2000 la stessa cosa viene fatta anche per i bovini nazionali.
Dopo la macellazione le carni vengono visitate dal veterinario della ASL che ne autorizza la idoneità al consumo umano.
In Italia non solo non è mai stato registrato nell’uomo alcun caso della variante del morbo di Creutzfeldt- Jacob, che sarebbe legato all’agente infettante della encefalopatia spongiforme bovina (BSE), ma la malattia non è presente sicuramente in forma clinica neppure nei bovini, essendoci stati due soli casi nel 1995 in Sicilia su bovini importati dalla Gran Bretagna, i quali sono stati immediatamente identificati e distrutti.
Da novembre di quest’anno è vietata l’importazione di carne bovina con osso da Paesi a rischio come la Francia. Dagli stessi Paesi è vietato inoltre sia l’importazione sia il consumo di carne di bovini che abbiano superato i 18 mesi. Dal primo gennaio 2001 verrà effettuato su tutti i capi bovini macellati di età superiore ai ventiquattro mesi un test rapido per la ricerca della BSE. Solo dopo il risultato di questo esame le carni saranno immesse nel circuito commerciale.
Da quanto detto finora si può facilmente concludere che le carni di un bovino di età non superiore a 24 mesi, nato e allevato in Italia non sono considerate a rischio né tantomeno pericolose per la salute sia dal Ministro della Sanità, sia dalla Commissione Europea, sia dalla Comunità scientifica internazionale. I nostri amministratori pubblici che hanno la responsabilità delle mense scolastiche potrebbero rispettando il principio di precauzione far cucinare fettine di carne di bovini al di sotto dei 18 mesi nati e allevati in Sardegna.
Il consumatore ha diritto di sapere dove è nato e dove è stato allevato l’animale del quale vuole consumare le carni e giustamente il Ministro per le politiche agricole si sta battendo perché venga anticipata al primo gennaio 2001 la norma comunitaria che prevede queste informazioni nell’etichetta delle carni.
Il consumatore avrebbe diritto di sapere più informazioni anche sul pane, sulla pasta, sugli ortaggi..., ma questo è un altro discorso.
(Dirigente Veterinario ASL 3 Nuoro)