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Lettere
 
Caro Gianni, non per insistere su cose già trattate, ma credo non sia giusto rivolgermi a te in modo così confidenziale.
Tanto più se ciò che ci lega, oltre al business che ben conosci con la famiglia Scassamento di New Orleans (a proposito un fraterno abbraccio da parte di Jò e ti bacia le mani suo cugino Freddy) è il rapporto tra direttore e caporedattore, peraltro ben remunerato, visto quello che ti passo ogni mese. Non è che mi lamenti per i soldi, considerato che sono falsi, ciò che mi dispiace è la mancanza di fiducia perché ogni volta li conti.
Ti sembra bello ciò? E dire che io, per ragioni di affetto e di rispetto, oltreché per l’incarico di caporedattore, intendo chiamarti maestro.
Lo faccio spontaneamente e sono fiero di tale decisione, che avrei dovuto prendere quando andavo alla scuola elementare, cioè sino a pochi anni fa, e quindi ero più allenato.
Perché il vero maestro è quello che non insegna ma aspetta che siano gli altri a imparare, da soli o con ripetizioni private. E tu, in questo sei stato insuperabile, come il tonno.
I pezzi che scrivo, spesso di taglio Montanelliano, sono ispirati alle cose che non mi hai detto e alle riflessioni che non hai fatto. E di questo ti sarò sempre debitore.
Debbo ringraziare anche la CEPU che mi ha formato e mi ha dato una laurea (se l’avrei saputo mi sarei preso anche il diploma con questa scuola che ti insegna senza disturbarti troppo).
Colgo l’occasione, inoltre, per ringraziarti della nomina a caporedattore, che mi onora ma non mi coglie impreparato, perciò rimaniamo che continui a venire a pranzo a casa solo il giovedì, anche perché gli altri giorni sono ospite con la famiglia dai collaboratori.
Eccetto il lunedì sera che sarebbe toccato all’ex collega Crudu ma per ben due volte non si è fatto trovare. Ex perché gli ho mandato la lettera di licenziamento. Ti segnalo, in compe
nso, le ottime pizze della Saderi Stellino, il cui punto debole, come più volte ricordato, rimane la salatura del paté di fegato di merluzzo.
Seppure con delicatezza bisogna richiamarla.
Non posso trascurare neppure le cozze ai quattro formaggi con mentuccia, ricetta originale del caro Aldo e l’insostituibile bollito di lumache alla bottarga dell’indimenticabile Boeddu.
Ma veniamo a noi.
Nel tuo ultimo editoriale, attualmente in visione alla DIGOS, hai lanciato una proposta che accolgo in pieno, primo perché in qualità di subalterno lego l’asino dove vuole il padrone, secondo perché mia moglie e soprattutto sua cugina in secondo grado Maria Addolorata Striscioni, sono d’accordo con quanto sostieni.
Per il resto non posso dire niente perché l’articolo, anche se non l’ho letto, mi è piaciuto molto.
Solo che non devi scagliarti così contro i politici, che spesso soffrono senza lamentarsi
. Ti posso portare l’esempio di mio nipote di quarto grado, Tarquinio Prisco Caso, figlio di Iris e Puro Caso.
Nominato assessore di un piccolo paese, finché non fu arrestato con false accuse costruite a tavolino dalla CIA, si era dato sempre da fare, con grandi sacrifici personali e privazioni di ogni genere. E mai un grazie da nessuno. Figurati che tanta era la passione che si tratteneva fino a tardi, anche per riordinare negli uffici roba di cancelleria e altre cose che trovava incustodite se no, come amaramente mi confidò più volte, dell’esperienza politica non gli sarebbe rimasto niente.
Vedi, queste cose commuovono e fanno riflettere; il sacrificio estremo e disinteressato, il votarsi totalmente all’ideale senza secondi fini, come ha fatto mio nipote, deve insegnare.
Certe volte penso che se il libro Cuore non l’avesse scritto De Angelis l’avrei scritto io.
Ma Sic Transeat Gloria Gaynor, che vuol dire così vanno le cose in latino, come mi hanno spiegato alla CEPU.
Ciò che ho scritto finora, come ho capito anch’io che solitamente non capisco quello che scrivo e tanto meno capisco perché lo scrivo, serve per occupare spazio, visto che in realtà dovrei scrivere un articolo sulla giunta comunale, perché pare s
ia ritenuto un argomento di grande attualità, e non so proprio come fare. Mi piacerebbe anche scriverne male perché tanto è come picchiare la moglie ogni sera: seppure tu non ne conosci il motivo lei lo conosce bene. Il fatto è che non posso e ho i miei buoni motivi. Mario Zidda lavora in banca e mia moglie ha contratto un mutuo ventennale per la plastica estetica.
Giuseppe Tupponi è cardiologo e io soffro di pressione alta, inoltre ho un soffio al cuore.
Ivo Carboni mi ha promesso un intervento sul triangolo delle Bermuda. È il sinistro nomignolo della buca che c’è davanti a casa mia. Pare che abbia inghiottito persone e cose di cui non si è più trovata traccia. Io me la ricordo da quando ero piccolo e sentivo mio padre che le sere d’inverno, davanti al caminetto, raccontava di come un suo antenato era stato sul punto di caderci dentro. La notte avevo gli incubi e sognavo di essere una mongolfiera.
Credo che quella buca mi abbia condizionato il carattere e il modo di camminare, aderente ai muri e a saltelli.
Inoltre Carboni è suscettibile e se s’infiamma è come camminare sui carboni ardenti.
Roberto Deriu è l’assessore alla cultura e, come si sa, io sono molto colto, anche per merito della CEPU, quindi come posso pugnalare il mio principale referente?
Maria Teresa Pintori è stata compagna di scuola di mio compare e per di più abita nel quartiere limitrofo al mio.
Agostino Desogus è tipo che mi passa il chiodo sulla fiancata della macchina, come ha già fatto a Carboni, perciò lo metto tra gli intoccabili. Gli altri, se ci sono, li conosco almeno di vista e figurati se da qui a quattro anni non gli dovrò chiedere qualche favore.
In conclusione, se proprio devo scrivere male di qualcuno, e lo faccio volentieri, questo è un semplice consigliere perdipiù di minoranza: Bastianino Poggiu.
Prima di tutto perché mi ha promesso che avrebbe formato con me un complessino musicale, sul genere New Trolls o Alunni del Sole, e invece mi ha bidonato, e poi è fratello di Gianni, del quale sono stato sempre invidioso perché, da giovani, saltava in alto quanto io saltavo in lungo.
Se ha coraggio, lo sfido a chi mangia più sanguinaccio. Obietterai che non sono motivazioni politiche; ma perché, sono forse un politico?
E, soprattutto, gli altri sono forse dei politici? In ogni modo, se ci mettiamo d’accordo insieme a un bel gruppo e ci vediamo al bar, potrei parlare male anche della Croce Rossa o di chi volete voi. A rileggere questo pezzo mi commuovo, perché è come se leggessi un articolo di Enzo Biagi o, più realisticamente, di Vinicio Pellegatta Merdas, il grande giornalista degli anni venti redattore della “Bussola Rococò”.
Da lui ho preso tutto: la tecnica, lo stile e, soprattutto la passione per il sanguinaccio. Ricordo che quando si ritirò definitivamente chissà dove, per una sofferta scelta umana a e professionale, scrisse l’ultimo articolo per il suo giornale intitolato: “Non sono stato io” del quale ricordo a mente un brano: “… e se qualcuno, per esempio i carabinieri, pensa che sia stato io a trafugare la cassa con gli stipendi, gli voglio dire che io non c’entro nulla, che si sbaglia e che un giorno restituirò tutto …”.
Dell’uomo non si ebbe più notizia ma il suo stile sobrio, il suo modo di raccontare i fatti, anche quelli mai accaduti, con la stessa noncuranza e disinvoltura con la quale i testicoli rutilano nello scroto, lasciò una traccia indelebile e generò quella scuola di giornalismo che tutti conosciamo. Devo molto a Vinicio Pellegatta Merdas e se un giorno dovessi vincere un Pulitzer, a proposito anche questo articolo non è niente male, lo dedicherei a Lui.
A te, caro direttore, vorrei invece dedicare un’Ode, per testimoniare il rispetto che ti porto e, se ci vieni, ti porto anche a funghi.
ODE A GIANNI
Signora, se ode a Gianni, gli dica che arrivo tardi.
A proposito, dove hai messo la cassa con gli stipendi?
Tuo affezionato caporedattore.
NUMERO /5
Anno 2000, n. 5
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